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L’inquinamento sonoro minaccia l’udito delle tartarughe

Una ricerca ha verificato l’abbassamento temporaneo della soglia uditiva nelle testuggini: l’ennesima conseguenza dell’impatto umano sulla natura

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Il rumore del mare per molti ha un effetto rilassante, ma alcuni abitanti non è così. Le tartarughe, secondo uno studio recente, rischiano di perdere temporaneamente l’udito a causa dell’inquinamento acustico delle acque. Infatti, esistono molteplici forme di inquinamento, con conseguenze più o meno evidenti. Quello acustico è un nemico invisibile che provoca più danni di quelli che si immaginano.

Trivellazione ed estrazione di gas o petrolio, il costante traffico nautico, i sonar e la pesca: tutte attività che producono rumori estranei agli ecosistemi marini. Insieme generano un intenso inquinamento sonoro che sottopone a un forte stress l’udito delle tartarughe.

Per avere dati certi, i ricercatori della “Woods hole oceanographic Institution” (un’organizzazione non profit americana dedicata alle scienze marine) hanno sottoposto due testuggini ad alcuni esperimenti. Hanno esposto gli esemplari a dei forti rumori e rilevato lo spostamento temporaneo della soglia uditiva, cioè l’abbassamento dell’udito. Le tartarughe hanno poi recuperato l’udito, ma in tempi diversi. In qualche caso sono tornate a sentire dopo venti minuti, in altri dopo un’ora e in un caso anche dopo giorni dall’esperimento.

In passato le conseguenze dell’inquinamento acustico sono state già testate su diversi animali marini, come i delfini. Questo è il primo studio su dei rettili come le testuggini.

Per questi animali un simile stress è un vero problema, perché l’udito lo utilizzano per orientarsi, per comunicare tra loro e soprattutto per accorgersi della presenza dei predatori. Capacità vitale per la loro sopravvivenza. Una vera minaccia alla salvaguardia di una specie già in costante pericolo.

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