Ora il Sud teme una marea nera
Una nuova minaccia incombe sulle azzurrissime coste meridionali italiane: la probabile costruzione di nuove piattaforme per le trivellazioni in mare, nella zona sud-occidentale della Sicilia. E davanti al recente disastro del Golfo del Messico, le popolazioni tremano: le perforazioni petrolifere, infatti comportano rischi altissimi non solo per lecosistema marino ma anche per le persone che da esso dipendono.
Come accade in Puglia, nel Basso Adriatico, dove tra annunci, smentite, delibere e ricorsi, qualcuno paventa il rischio di trivelle per il greggio. Si è, di fatto, tentato di farlo anche al largo di Monopoli, a sud di Bari, così come si è rischiato alle Isole Tremiti, a Murgia, a Nova Siri.
Ma laffaire pugliese sembra al momento in stand-by, dato che una sentenza del TAR Puglia ha bloccato - per ora- ogni tentativo di trivellazione. Infatti, i giudici amministrativi, a causa dellinsufficiente valutazione degli impatti ambientali, hanno annullato il decreto del ministero dell'Ambiente accogliendo il ricorso della Regione Puglia. Le probabili trivellazioni della società inglese Northern Petroleum Ltd al largo di Monopoli, Ostuni e delle isole Tremiti sono ferme. Almeno per ora, il comitato No alla piattaforma, nato su Facebook per prevenire lo scempio delle coste pugliesi, sembra aver ottenuto qualche risultato. N
on è così in Sicilia, dove la minaccia si chiama San Leon Energy. Manco a farlo apposta il logo del nemico è un leone nero, quasi loscuro presagio di una società che vuole lordare una costa vergine. La società è una piccola srl con 10 mila euro di capitale sociale e una sede in provincia di Lecce. Obiettivo è quello di farsi autorizzare dalle amministrazioni italiane tre esplorazioni petrolifere al largo delle coste siciliane, tutte con unestensione compresa tra i 200-500 kmq nel territorio e situate tra Marsala, Sciacca e le Isole Egadi. Ferma lopposizione delle amministrazioni ma anche delle organizzazioni che dicono no allinsorgere di trivelle nei paradisi isolani.
Sotto la spinta del comitato Stoppa la piattaforma, formato da associazioni nazionali quali Italia Nostra, Greenpeace, CGIL, Cittadinanza Attiva, lAltra Sciacca cui si sono uniti i comuni di Sciacca, Menfi e Castelvetrano, è iniziata la corsa alla sensibilizzazione dellopinione pubblica sia sul caso che su eventuali altre proteste. Comunicati al vetriolo, mobilitazioni di massa e una pagina Facebook che registra già quasi 3000 fan, sono le mosse del comitato per opporsi alle trivelle. L'area su cui dovrebbe insistere l'esplorazione presenta una distanza minima dalle coste di poco più di 2 km, tratto assolutamente ridotto che oltre a minare la lussureggiante fauna marina, sarebbe dintralcio anche ai numerosi alberghi costieri. E spunta anche la bocca di un vulcano sommerso a rendere meno accessibile e consigliabile loperazione che hanno in mente gli esperti della società San Leon con la richiesta per le trivellazioni.
Un progetto che prevede tre fasi: uno studio geologico, una campagna sismica 3D e la vera e propria perforazione di un pozzo esplorativo. I sindaci della zona insorgono. Come Michele Botta, sindaco di Menfi, che spiega: «La nostra comunità, da 14 anni bandiera blu europea, non può sopportare un'operazione del genere». Palliativa, secondo il comitato Stop alla piattaforma la risposta da parte delle istituzioni: il Ministero dellAmbiente ha recentemente deciso di imporre il divieto di trivellazione nei mari italiani in una fascia di 5 miglia per tutte le coste nazionali, allargato a 12 miglia attorno al perimetro delle aree marine protette. Le associazioni non si accontentano, andranno avanti sperando di ottenere risultati simili a quelli dei colleghi pugliesi.
Porto Marghera, Augusta, Priolo e Gela sono interventi scellerati ancora vivi nei ricordi dei siciliani. E la marea nera al largo del Golfo del Messico è una minaccia tangibile, che incombe. Gli scempi ambientali, vicini o lontani, hanno lasciato nella memoria un segno indelebile. Destinato a non rimarginarsi tanto facilmente.
Giuditta Avellina
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