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Blitz anti 'ndrangheta: 300 arresti

Maxiblitz di carabinieri e polizia contro la 'ndrangheta: oltre 300 le persone arrestate. L'operazione, la più imponente di questo tipo negli ultimi anni, si è svolta in Calabria e in diverse località dell'Italia settentrionale. Le accuse vanno dall'associazione di tipo mafioso al traffico di armi e stupefacenti, dall'omicidio all' estorsione, dall'usura ad altri gravi reati. In manette anche il numero uno delle cosche calabresi, Domenico Oppedisano.

Dall'inchiesta condotta dalle Procure distrettuali di Reggio Calabria e Milano è emerso che la 'ndrangheta ha ormai una struttura verticistica e tutti gli affiliati, sia che operino in altre regioni, sia che si trovino all'estero, dipendono gerarchicamente dalle cosche della provincia di Reggio Calabria.

L'organizzazione criminale ha dunque perso la sua struttura familistica, ma si è organizzata sul modello di Cosa nostra siciliana. Centoventi arresti sono stati disposti dalla magistratura reggina e gli altri da quella milanese. 

Maroni: 'ndrangheta colpita al cuore
"Si tratta in assoluto della più importante operazione contro la 'ndrangheta degli ultimi anni, che oggi viene colpita al cuore del suo sistema criminale sia sotto l'aspetto organizzativo sia sotto quello patrimoniale". Così, in una nota, il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, che si è congratulato con il capo della polizia - direttore generale della Pubblica Sicurezza Antonio Manganelli, e con il comandante generale dell'arma dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, per l'eccezionale operazione antimafia.

Decapitate le cosche più potenti
Il maxi-blitz ha colpito le più importanti e potenti famiglie della 'ndrangheta delle province di Reggio Calabria, Vibo Valentia e Crotone, oltre alle loro proiezioni extraregionali ed estere. Nel dettaglio, secondo gli inquirenti, sono state "destrutturate" le cosche egemoni nel capoluogo reggino, nella fascia ionica ed in quella  tirrenica, tra cui i Pelle di San Luca, i Commisso di Siderno, gli Acquino-Coluccio ed i Mazzaferro di Gioiosa Ionica, i Pesce-Bellocco e gli Oppedisano di Rosarno, gli Alvaro di Sinopoli, i Longo di Polistena, gli Iamonte di Melito Porto Salvo.

In manette il boss lombardo Pino Neri
Nell'ambito dell'operazione è stato arrestato anche Pino Neri, considerato il capo dell'ndrangheta in Lombardia. A quanto si è appreso da fonti investigative, Neri era, fino a prima dell'arresto, il vertice assoluto della mafia calabrese in Lombardia. 

Preso anche il direttore dell'Asl di Pavia
Pino Neri è accusato anche di avere convogliato voti elettorali su indicazione di Antonio Chiriaco, direttore della Asl di Pavia, anch'egi finito in manette. Da quanto si apprende avrebbe indirizzato voti a favore del deputato del Pdl Giancarlo Abelli, che risulta estraneo ai fatti e non è indagato. Neri era a capo di un'organizzazione criminale denominata "La Lombardia". Pare sia stato "eletto" con un brindisi durante una cena a Paderno Dugnano, nel Milanese. Secondo le indagini, il boss avrebbe dato vita a un'organizzazione diversa dalla classica struttura 'ndranghetistica, non solo orizzontale ma anche verticale, una specie di organo di coordinamento. Quanto a Chiriaco, è accusato di associazione mafiosa e corruzione. Nell'inchiesta risultano poi indagati anche l'assessore comunale di Pavia Pietro Trivi (per corruzione elettorale) e l'ex assessore provinciale milanese Antonio Oliviero (per corruzione e bancarotta). Tra gli indagati anche quattro carabinieri di Rho (Milano), uno dei quali per concorso esterno in associazione mafiosa.

Chiriaco, sequestrati 38 immobili
Sono 38 gli immobili sparsi tra Pavia, Torre D'Isola (Pavia) e in Liguria sequestrati, insieme a 10 conti correnti, ancora a Chiriaco. Da quanto si e' saputo gli immobili sono intestati alla figlia del direttore sanitario della Asl e a delle società a lui riconducibili. Chiriaco dovrebbe essere portato in carcere a Torino. Nei suoi confronti le accuse ipotizzato sono associazione mafiosa in qualità di capo promotore del "locale" di Pavia insieme a Pino Neri, Rocco Coluccio e Francesco Bertucca.

Banconote in busta per comprare voti
Secondo quanto emerge in un passaggio dell'ordinanza di custodia cautelare, banconote venivano infilate in una busta per comprare preferenze elettorali nel maggio del 2009, un mese prima delle elezioni comunali a Pavia. L'ordinanza è firmata dal gip di Milano Andrea Ghinetti e riguarda una parte degli oltre 300 arresti. In particolare, nel punto dell'ordinanza in cui si contesta la corruzione elettorale a Carlo Antonio Chiriaco, in concorso con Cosimo Galetti, infermiere ospedaliero e Pietro Trivi, assessore comunale e avvocato (ex difensore del chirurgo Pier Paolo Brega Massone, il principale imputato al processo con al centro la Clinica Santa Rita), si fa riferimento a una conversazione telefonica in cui si parla di banconote inserite in una busta. Una somma, poche migliaia di euro, che secondo gli inquirenti sarebbe stata data a Galetti per comprare preferenze elettorali, circa 150 voti.

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