UNA PIETRA MILIARE

Clash, 45 anni fa il debutto del loro grido punk: la rivolta bianca nella Londra in fiamme

L'8 aprile 1977 veniva pubblicato il disco omonimo d’esordio della band: una pietra miliare della musica

© IPA

"I neri hanno un mucchio di problemi ma non esitano a tirare un mattone/i bianchi vanno a scuola, dove gli insegnano a rimbecillirsi" recita la furia di "White riot", tre accordi, 110 secondi e tutta la filosofia dei Clash stipati in uno dei brani cardine del loro debutto omonimo, che usciva 45 anni fa, il 9 aprile di quel 1977, l'anno in cui il mondo fece punk. Il primo album di Joe Strummer, Mick Jones e Paul Simonon è anche il più istintivo, il più fiammeggiante. Una pietra miliare del punk (insieme a "Never Mind the Bollocks" dei Sex Pistols che uscirà a fine ottobre di quell'anno), che contiene tutto quello che rappresentano i Clash di quel momento: militanza politica, suono ruvido, un grido dritto in faccia figlio del senso di frustrazione e rabbia, un manifesto della vita nei sobborghi.

In quegli anni la Gran Bretagna era stretta nella morsa della depressione, tra recessione e poche opportunità, un incandescente miscuglio di alienazione urbana, disoccupazione e disagio giovanile che fu terreno fertile per la nascita del movimento punk. Il suono invece, aggressivo, veloce e potente, era stato mutuato oltreoceano dai Ramones, che a loro volta si rifacevano al garage di fine anni 60 di Stooges e Mc5.

I Clash erano nati a Londra nel 1976. Il nome era stato ideato da Simonon che lo leggeva dappertutto nei giornali di quel periodo, "uno scontro di personalità, un conflitto contro i valori reazionari, un sound stridente e dissonante". Quel suono e quel piglio esplodono nelle 14 tracce del disco che viene registrato al CBS Studio 3 della capitale britannica tra febbraio e marzo del 1977, in 3 settimane. Canzoni taglienti, connotate politicamente, su veloci riff, vere invettive che parlano di controllo, oppressione, conformismo, denuncia sociale, tentativo di americanizzazione culturale del Regno Unito.

In scaletta è presente anche la cover di "Police and Thieves", brano reggae di Junior Murvin e Lee "Scratch" Perry. Un seme lasciato in mezzo all'aggressività verbale, al frastuono delle chitarre elettriche e alla furia punk, un seme pronto a germogliare, una rivoluzione bianca a tutti gli effetti. E' infatti una lettera d’amore dei Clash al reggae, e una relazione che si evolverà negli anni e nei loro dischi successivi. Un suono quello giamaicano "sentito" per vicinanza con gli immigrati dell'isola caraibica che a Londra affrontavano quotidianamente la durezza della polizia, delle condizioni ai limiti del segregazionismo, ma che proprio in quelle strade avevano importato il reggae. Gli scontri nella capitale al Carnevale di Notting Hill Gate del 1976 furono il primo campanello d'allarme di quelle rivolte contro ciò che la Gran Bretagna rappresentava in quel momento. Tra i ragazzi bianchi che avevano partecipato ai disordini c'erano anche Strummer, Jones e Simonon. Scontri che avevano aperto definitivamente gli occhi ai tre musicisti: non più "peace and love", che era il sogno hippy anni 60, ma "odio e guerra" che era la realtà dei giovani di quegli anni. Scontri che avevano ispirato anche il brano "White Riot".

Proprio nel retro della copertina campeggia un'immagine di quegli scontri mentre la cover disegnata dall'artista polacco Rosław Szaybo, è una foto di Strummer, Jones e Simonon appoggiati a un muro. Non c’è invece il batterista Terry Chimes, che appena dopo le registrazioni lascia la band. Al suo posto arriva Topper Headon, che diventerà il definitivo quarto membro e protagonista sul palco già dal White Riot Tour che dal primo maggio del 77 porterà i Clash lungo una tournée britannica di 28 date, imponendoli definitivamente come stelle dello scenario nazionale. Lasciando davvero alle spalle i re musicali dell'isola, Beatles e Rolling Stones. Anche se poi nel giro di pochi anni la loro rivolta bianca sarebbe diventata un altro pezzo dell'industria culturale.

Da rimarcare però il fatto che i Clash, diversamente da altri colleghi di quel periodo, Pistols compresi, misero in atto da quell'esordio un'impressionate e cruciale processo di contaminazione tra generi, che solo due anni più tardi, sfociò in uno degli album più importanti della storia del rock, "London Calling". D'altra parte, scriveva Lester Bangs: "Se non fosse stato per i Clash il punk sarebbe stato solo un ghigno, una spilla da balia e un paio di pantaloni bondage".

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