Ha conosciuto il marito, il tenore Andrea Bocelli, da giovanissima e da allora è la sua inseparabile compagna di vita: oggi Veronica Berti è vicepresidente della Fondazione che in dieci anni di attività ha raccolto oltre 45 milioni di euro e realizzato moltissimi progetti in favore dei bambini e a sostegno delle fasce più deboli della popolazione in Italia e nei paesi in via di sviluppo, dove condizioni di povertà, malattie, malnutrizione e complesse situazioni sociali invalidano o riducono le aspettative di vita.
Veronica, ricopri un ruolo di grande responsabilità in una realtà importante e significativa: so che per te rappresenta molto.
Credo che il mondo fondamentalmente si divida in due: chi può mangiare e chi non può. Noi siamo nati dalla parte del mondo fortunata, ma non per tutti è così. Gioire della fortuna, della gioia, della felicità si può, ma è fondamentale impegnarsi per fare la propria parte nella vita. Quando inizi a fare del bene e incontri persone speciali capisci che anche un piccolo gesto può fare la differenza… diventa quasi una addiction, una dipendenza: vorresti poter cambiare tutto, ma chiaramente questo non è possibile.
Come nasce la ABF, Andrea Bocelli Foundation?
Mio marito ed io ci consideriamo fortunati e parallelamente abbiamo anche avvertito l’esigenza di fare del nostro meglio per aiutare il prossimo. Ci sono un’infinità di situazioni che meritano attenzione e supporto e così abbiamo iniziato a finanziare diversi progetti e a sostenere diverse cause. Poi però ci siamo resi conto che la quantità di richieste che ci venivano fatte era così elevata che senza un’organizzazione più sistematica diventava impossibile gestire tutto al meglio. Da qui la decisione presa dieci anni fa di dare vita ad una Fondazione che potesse rispondere in maniera ottimale alle richieste, essere un esempio per altri e anche un punto di riferimento per chi volesse rivolgere richieste di aiuto oppure avere l’opportunità di donare.
I risultati ottenuti dalla ABF sono davvero straordinari.
In questi anni, grazie alla fondazione Andrea Bocelli, abbiamo raccolto oltre 45 milioni di euro che abbiamo destinato a moltissime iniziative. Ad Haiti abbiamo costruito nove scuole per quasi 4.000 studenti dando loro la possibilità di ricevere un’educazione e realizzato un acquedotto di acqua potabile che serve oltre 400.000 persone. In Italia, ma solo per fare qualche esempio, nelle zone terremotate delle Marche abbiamo costruito due scuole e ricostruito l’Accademia Musicale di Camerino. Ci tengo a dire che, oltre che utili e funzionali, si tratta di realizzazioni molto belle, perché crediamo fortemente nel potere aggregante della bellezza. Tra le tante attività, ricordo anche che durante il periodo dell’emergenza Covid-19 abbiamo acquistato apparecchiature che potessero risultare utili agli ospedali anche in epoca post pandemica: su richiesta del Ministero, che ci ha espressamente interpellato chiedendo alla nostra fondazione di ideare e seguire il progetto, abbiamo comprato, oltre ai ventilatori polmonari, anche macchinari per la diagnostica e abbiamo creato la possibilità di fare didattica a distanza per i piccoli pazienti. In definitiva, una bella collaborazione tra pubblico e privato, perché la Fondazione è la mia famiglia.
Anche per quel che sta accadendo in Ucraina vi siete subito messi al lavoro.
Ovviamente non potevamo ignorare una situazione così drammatica. Non mi intendo di politica, ma penso che la guerra sia una sconfitta per tutti. Quanto agli aiuti, la cosa che più mi ha commosso è che molte delle famiglie che abbiamo aiutato dopo il terremoto hanno messo a disposizione tutto ciò che possono per aiutare i profughi: avendo vissuto una situazione terribile, sanno cosa significhi trovarsi da un momento all’altro senza più niente.
Il sodalizio con tuo marito è molto più che un semplice matrimonio.
Sembra una favola e probabilmente lo è: d’altra parte, penso che l’amore o è subito, o non è. Io e Andrea ci siamo conosciuti una sera quando ero una ragazza di poco più di vent’anni in modo del tutto casuale, ma il feeling è stato immediato: mi colpii subito il suo essere così colto, gentile, raffinato. Lui mi fece molti complimenti e conversammo piacevolmente di musica, che io conoscevo perché mio padre mi aveva introdotta al bel canto. Studiavo all’università e il giorno dopo mi recai in ateneo per sostenere un esame. Quando uscii, dopo aver preso un bel 30 e lode, percepii un certo brusio e fermento e mi domandai cosa stesse succedendo: un’amica mi indicò un’auto e mi disse che Andrea Bocelli in persona mi stava aspettando per darmi un passaggio. Da quel momento non ci siamo mai più lasciati: avvisai i miei genitori che non sarei tornata a casa e loro mi augurarono semplicemente di essere felice.
Affrontare un impegno familiare con una star internazionale non deve essere stato semplice.
Non me ne sono accorta, a dire il vero: a vent’anni le cose si fanno senza pensarci troppo e con l’energia e la forza che si hanno a quell’età. Noi siamo subito stati famiglia, perché Andrea aveva già due figli, allora piccolini, con cui siamo cresciuti insieme; dieci anni fa, quando ormai avevo iniziato a tirare un sospiro di sollievo, è arrivata la nostra Virginia e due anni dopo ci siamo sposati. In casa si fa lavoro di squadra: Andrea è il capofamiglia, ci dà le linee guida, la direzione, gli obiettivi grazie alla sua enorme cultura e alla sua saggezza, mentre io prendo le decisioni, cerco di risolvere i problemi, penso e agisco. A volte seguo l’istinto, non sopporto l’indecisione e purtroppo riconosco di essere diventata meno tollerante di un tempo.
Andrea ti ha voluta subito al suo fianco anche nel suo lavoro.
Appena ci siamo messi insieme mio marito mi ha chiesto di seguirlo, cosa che ho fatto con entusiasmo e con la consapevolezza di non aver mai affrontato questo una realtà di quel tipo. Non sapevo neppure molto bene l’inglese, ma mi sono data da fare, anche perché la fiducia che mi ha dato Andrea è stata totale e mi ha supportato al 100% affinché potessi esprimermi al meglio. Mio marito crede nell’empowerment, nel potenziale di ciascuno non solo in quello femminile.
Una curiosità su di te.
Non mi piace molto la mia voce… ma del resto, la voce in casa mia è quella di mio marito, così bella e unica, un autentico dono: come potrei reggere il confronto?
Il complimento che ti fa più piacere?
Quando mi dicono che sono una persona che sa ascoltare, oppure che sa “vedere il lavoro”… Proprio perché, fin da piccola, i miei genitori mi hanno educato a comprendere la necessità di rendersi utili, sempre con atteggiamento positivo e propositivo.