Un mese dall'inizio del conflitto tra Russia e Ucraina ed è tempo di bilanci. Quanto ci è costata la scellerata decisione di Vladimir Putin? Quanto è costato agli ucraini o ai cittadini russi? A fare qualche analisi ci ha pensato Ispi, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. In sei "fotografie" economiche e sociali l'Ispi spiega gli effetti iniziali ma anche quelli futuri se il conflitto dovesse durare ancora molto.
La peggior emergenza umanitaria dal Dopoguerra - Trenta giorni di guerra sono bastati per creare uno tsunami di civili verso i Paesi confinanti con l'Ucraina. L'aggressione russa ha di fatto creato la peggiore emergenza umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale, scrive l'Ispi. I numeri lo certificano: già adesso 1,4 milioni di ucraini non hanno accesso all'acqua potabile e altri 4,6 milioni ne hanno un accesso limitato. Ma è la fuga il vero problema: 90mila ucraini ogni giorno lasciano la propria casa. Uno tsunami di profughi, almeno 3,8 milioni nell'ultimo mese. La maggior parte di questi arriva in Polonia. A questi si aggiungono gli sfollati: 6,5 milioni per per la stragrande maggioranza (4,3 milioni) sono bimbi.
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In Russia la batosta sulla gente comune - Se andiamo dall'altra parte del conflitto, in Russia, non si può certo stare allegri. "Difficili e profondi cambiamenti economici", ha preannunciato Putin dopo le dure sanzioni imposte dall'Occidente. Ma in una sola settimana, scrive l'Ispi, i cittadini comuni hanno dovuto subire un'impennata dell'inflazione: +2% che potrebbe arrivare a fine marzo a +17%. I beni di importazione e di prima necessità quelli più colpiti. Assalti ai negozi per paura di carenze d'approvvigionamento. Ed è solo l'inizio dato che il Pil russo che prima della guerra prevedeva di cresce del 3% nel 2022, crollerà tra il -6 e il -15%. Dipende ovviamente da quanto tempo durerà il conflitto.
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La Borsa tiene ma solo con un trucco - La Borsa di Mosca ha perso il 45% all'inizio del conflitto e con l'arrivo delle sanzioni e per questo le autorità hanno deciso di chiuderla per un mese (non era mai successo nemmeno durante la crisi economica del 1998). Alla riapertura il Moex che raggruppa le 50 maggiori società quotate alla Borsa di Mosca è salito del 4% (Gazprom è salita addirittura del 13%). Ma con un trucco, dicono gli esperti dell'Ispi: vietate dalla banca centrale russa le vendite allo scoperto (una pratica di speculazione dove gli investitori "scommettono" nel crollo di un'azione) per impedire agli investitori stranieri di attutire le proprie perdite. A questo si è aggiunto un fondo sovrano del Cremlino con una potenza di fuoco pari a 10 miliardi di dollari che ha acquistato per sostenere i prezzi.
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Il gas e le materie prime trascineranno l'Occidente - Ma se dal punto di vista economico la Russia e la sua Borsa non sono colossi, lo sono invece i prodotti che esporta e questo avrà sicuramente un impatto per il mondo occidentale. Difficilmente si riuscirà a sostituire gas, petrolio, minerali e le altre materie prime prodotte dalla Russia e fortemente acquistate in tutto il mondo. Questo creerà sicuramente una spirale inflazionistica per i Paesi ricchi mentre quelli a basso-medio reddito saranno colpiti dall'aumento del prezzo del cibo.
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Il prezzo del petrolio si incendia - Lo stop all'importazione del greggio russo se da una parte non avrà grandi effetti su chi ne usa poco (vedi Usa e Gb) dall'altra farà schizzare in alto il costo del barile. La soluzione potrebbe essere quella di far aumentare la produzione anche a Paesi che fino a ieri non erano proprio "amici", come l'Iran che in questo momento subisce sanzioni che ne frenano l'export. "I prezzi del greggio - scrive Ispi - scenderebbero e con essi le entrate economiche di cui Mosca ha ora disperato bisogno".
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La no-fly zone commerciale - Ue, Usa e Giappone hanno vietato lo spazio aereo per gli apparecchi russi. Mosca di conseguenza ha emesso una controsanzione analoga. Questo ha di fatto allungato le distanze commerciali (e quindi i costi). Le compagnie hanno cambiato le rotte dei propri voli: due ore in più per un volo Francoforte a Pechino, o tra Londra e Tokyo.
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