Nella seconda Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri

Il Dantedì e la guerra in Ucraina: "Nella Commedia troveremmo Putin all'Inferno e Zelensky a braccetto con Biden..."

Nella seconda Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, Tgcom24 ha chiesto al dantista Alberto Cristofori di collocare tra bolge e cieli i protagonisti dell'attuale scenario geopolitico

di Gabriella Persiani

© Archivio personale Cristofori

"Putin all'Inferno tra i tiranni, con Attila, immerso nel fiume di sangue bollente del Flegetonte, insieme ai violenti verso il prossimo. Zelensky e Biden a braccetto nell'Antipurgatorio, nella valletta dei principi negligenti. Mentre i nostri politici...". In occasione del Dantedì 2022, seconda edizione della Giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri, istituita dal Consiglio dei ministri su proposta del ministro della Cultura Dario Franceschini, Tgcom24 ha chiesto allo scrittore, traduttore e dantista Alberto Cristofori, protagonista a Milano il 25 marzo dell'evento intitolato "La visione politica di Dante: impero, pace, felicità", di collocare i protagonisti dell'odierno scenario di guerra in Ucraina tra bolge, gironi e cieli danteschi, in base ai possibili criteri de La Divina Commedia.

Quali sono le premesse per questo nostro "esperimento"?
"Il nostro giudizio non è quello di Dante. Prendiamo, dunque, questo come un gioco letterario, perché Dante non aveva conoscenza del nostro mondo e dei nostri valori politici e morali. Assenti in lui, per il suo tempo, anche i concetti di democrazia e tolleranza religiosa. Inoltre, stiamo parlando di viventi, mentre il giudizio è post mortem e sappiamo che fino in punto di morte tutti possono pentirsi".

Questo per dire che anche Putin può aspirare all'ascesa?
"La sua è la collocazione che varrebbe per tutti i dittatori e, in particolare, per chi ha scatenato guerre. Ma se prendiamo Manfredi, ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia, Dante lo inserisce nel Purgatorio, nonostante fosse stato scomunicato, perché in punto di morte il figlio di Federico II si sarebbe riconciliato con Dio, pentendosi dei propri peccati. D'altronde l'Inferno, che per un credente è un luogo fisico, da alcuni teologi è rappresentato vuoto per misericordia di Dio. Lo stesso Dante precisa che i dannati non sono sottoposti alla pena eterna da Dio, ma da loro stessi che ripetono il loro peccato. Pensiamo a Francesca che non si ritiene colpevole e continua a perpetrare la sua colpa".

Dove collochiamo Zelensky?
"Non lo vedo all'Inferno. Lo immagino più nell'Antipurgatorio, nella valletta dei principi negligenti, a braccetto con Biden. Con loro, sovrani con grandi responsabilità, come Carlo I d'Angiò ed Enrico III d'Inghilterra, che peccarono di pigrizia politica. E sia Zelensky che Biden non mi sembra abbiano avuto la lungimiranza di prendere provvedimenti giusti. I penitenti lì si sono combattuti in vita ma ora si abbracciano a ricordarsi quei conflitti e allo stesso tempo a contraddirli. Una situazione paradossale che troviamo anche nei canti di San Francesco e San Domenico del Paradiso, dove tra i beati c'è San Tommaso che tesse l'elogio del rivale Sigieri di Bramante. Insomma, nell'Aldilà dantesco, le vicende si leggono in maniera diversa rispetto al contesto terreno, con serenità e distacco. Questo è l'invito di Dante: guardare i fatti terreni anche più drammatici non dal punto di vista dei singoli, ma con lo sguardo di Dio, con una morale, cioè, superiore".

Dove, invece, poniamo i nostri politici?
"Senza fare nomi, li metterei tra gli ignavi, coloro che non hanno scelto. Per Dante sono i peggiori tra i dannati. Non parlo dei pacifisti, ma di chi fa finta di non distinguere il bene e il male".

Tra gli ignavi c'è anche la Cina?
"Più che tra gli ignavi, la Cina potrebbe stare tra i furbi, perché resta in attesa di vedere cosa le conviene. La bolgia è quella dei consiglieri fraudolenti".

Come si riassume il tema della guerra e della pace in Dante?
"Nelle prime opere, De Vulgari Eloquentia e Convivio, Dante non aveva ancora posto la pace come valore politico supremo. Nel De Vulgari Eloquentia, per esempio, elogia il poeta provenzale Bertran de Born come il più grande cantore di guerra, ma successivamente nella Commedia lo pone nell'Inferno come seminatore di discordie, senza far più accenno al fatto che sia stato un grande poeta, correggendo così quel giudizio iniziale che era stato positivo. Facendo intendere che su temi come il conflitto, la discordia, la guerra non c'è poesia che possa riscattare una colpa del genere. E' nel De Monarchia e nell'ultima parte della Commedia che Dante tratta la pace. Dio per lui è buono e vuole che gli uomini siano felici anche sulla Terra, non solo in Paradiso. La felicità terrena è inferiore rispetto a quella dei beati, ma è un diritto. Con quali condizioni politiche? Il Papato guida alla felicità spirituale; l'imperatore è la guida alla felicità terrena, l'unico in grado di garantire la pace con potere universale concesso da Dio".

Come si arriva a queste conclusioni?
"Dante arriva a queste conclusioni dopo aver conosciuto inizialmente solo i conflitti interni del Comune di Firenze; in esilio, poi, assiste a scontri più grandi in Romagna e nella Marca vicentina, teatri di guerre continue. Così elabora l'idea della pace come valore supremo garantito dall'imperatore".

Tornando a Putin, nella sua carriera di traduttore, lei ha curato l'edizione italiana de "Gli uomini di Putin. Come il KGB si è ripreso la Russia e sta conquistando l'Occidente", di Catherine Belton, dell'ottobre 2020. Come viene ritratto il presidente russo?
"La visione della giornalista britannica Belton è quella di Putin come uomo politico che ha utilizzato tutte le tecniche della malavita organizzata a livello internazionale, nella finanza, nel commercio di materie prime e di armi, per ottenere prima e mantenere poi un potere immenso. Non è adesso che ci accorgiamo chi è ed è da tempo che va avanti la guerra in Ucraina. Su Putin, comunque, ci aveva messo in allerta, già un decennio fa, la reporter russo-americana Masha Gessen ne L'uomo senza volto. E la domanda da porsi oggi su Putin è quella che ci poniamo da sempre per Hitler".

E cioè?
"Chiediamoci come un singolo uomo così diventa il capo potentissimo di uno Stato e arriva a commettere tali azioni. Chi gli ha dato sostegno e appoggio finora? Nel nome della Realpolitik il problema è stato accantonato e oggi le sanzioni anti-Putin arrivano troppo tardi. Bisognava affrontare la questione già alla morte della giornalista Anna Politkovskaya o dell'ex agente segreto Aleksandr Litvinenko, nel 2006. Oggi, in Ucraina, paghiamo gli errori del passato, compresi quelli commessi dall'Amministrazione Usa nella guerra in Siria, come denuncia lo scrittore statunitense Joby Warrick ne La linea rossa".