Mobilità e altre frenesie

Lʼauto elettrica alla prova dei No Watt e lʼaccisa mobile qual piuma al vento

La settimana dei motori fra educazione alla mobilità sostenibile e lʼaumento vertiginoso dei prezzi dei carburanti

Cʼè un nemico subdolo, un ostacolo in più sulla strada dellʼauto elettrica, che insinua dubbi (ed è lecito farlo) ma anche fake news sullʼargomento. Sono racchiusi in una categoria, i “No Watt”, sono i contrari alle auto elettriche!

© Dal Web

Perché esplodono”, dicono, o almeno possono esplodere. Come già oggi può accadere per le auto a combustione. Peccato che il rischio che ciò accada sia il 64% in meno delle attuali auto a benzina! “Manderanno in black out le nostre città”, accusano, perché non siamo in grado di produrre tanta energia e saremo costretti al buio in casa per poi viaggiare di giorno con lʼauto elettrica (ma come si ricaricano poi?). Per combattere queste e altre fake news sul tema, Jaguar Land Rover ha diffuso un opuscolo: “Come combattere i No Watt dellʼauto”, rispondendo in 20 punti ai dubbi (leciti) e alle ostinate avversioni dei contrari, sì quelli che dicono sempre no, no, no… Non lasceremo che altri decidano quale energia immettere nella “mia” auto! Chissà se alla fine è soltanto una questione di stile, ad alcuni il verde proprio non si addice. Dal No Green Pass al No Green Cars.

Lʼaccisa è mobile ‒ Cʼera una volta la finanza creativa. Economisti e politici che sʼinventavano il modo di tenere a galla i conti di uno Stato notoriamente spendaccione in passato e oggi a caccia di una maggior frugalità. Eppure lʼeconomia (anche tributaria) appartiene di buon grado alle scienze umane ed è creativa di per sé: agli economisti e ai politici si richiede la giusta fantasia per tener saldo il bilancio della collettività. Ricordate Keynes che invitava a scavare buche e riempirle per favorire la crescita del Pil? Ben vengano allora idee come quella del ministro Cingolani, che a proposito dello spropositato aumento dei prezzi dei carburanti ha proposto lʼ“accisa mobile”.

Spieghiamo: le accise (imposte di fabbricazione su beni destinati al consumo) contano per circa il 55% sul prezzo finale della benzina, e quando questo aumenta, le imposte portano nelle casse dello Stato un extra-gettito fiscale. “Benone!”, direbbe qualcuno che va a piedi, ma chi con la macchina lavora facile che sbroccherà! Lʼaccisa mobile proposta da Cingolani prevede che, in caso di aumento dei prezzi dei carburanti, lʼextra-gettito che ne deriva andrebbe subito a ridurre le accise, così da calmierare i prezzi in tempo quasi reale. Se invece la benzina scende (ma si sa, il suo corso è viscoso: sale in fretta e scende piano), allora le accise si riprendono la loro quota. Non proprio il prezzo fisso amministrato di un tempo, ma qualcosa tipo salvagente.

La domanda da fare al ministro però è: ma qual è il prezzo giusto calmierato di un litro di benzina e uno di gasolio? Oggi si potrebbe rispondere 2 euro, ma un anno fa era 1,5 euro! Non sarebbe allora meglio sostituire le 18 attuali accise che paghiamo ‒ la più vecchia è per la crisi di Suez del 1956 ‒ con una sola, questa sì fissa e non mobile qual piuma al vento delle tensioni internazionali? Ma forse è unʼidea di finanza poco creativa. Muta dʼaccento e di pensier.