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Progetto Maristanis, il ruolo delle zone umide per affrontare i cambiamenti climatici  

Gestione e tutela delle zone umide e costiere: il progetto più all’avanguardia di tutto il Mediterraneo è in Sardegna

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Quando si parla di degradazione e frammentazione degli habitat si pensa subito alle foreste o ai mari. Esistono però delle particolari aree del mondo estremamente importanti per la loro biodiversità e allo stesso tempo pericolosamente a rischio, le wetlands. Il 35% delle zone umide mondiali è andato perduto negli ultimi 50 anni, l'85% negli ultimi tre secoli.  La scomparsa di questi habitat è tre volte più veloce di quella delle foreste.  Paludi e stagni spesso infatti vengono bonificati e distrutti perché ritenuti malsani e poco attraenti, pur essendo degli “hotspot” ad alta concentrazione di specie endemiche e degli ambienti preziosissimi in grado di mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici.

Le zone umide costiere proteggono dall’impatto delle tempeste marine e sono in grado di raccogliere velocemente le acque alluvionali in caso di piogge estreme e mitigarne gli effetti. Inoltre, sono capaci di assorbire e stoccare grandi quantità di CO2, oltre che essere casa per una varietà di specie a rischio estinzione. RAMSAR, la Convenzione sulle Zone Umide di Importanza Internazionale nata nel 1971, riconosce gli stagni e le lagune di particolare pregio in termini di biodiversità. In Italia si contano oltre 57 aree RAMSAR, su 15 regioni per una superficie complessiva di 73.982 ettari.

La Sardegna vanta il progetto più all’avanguardia di tutto il Mediterraneo. Si chiama Maristanis ed è un progetto corale coordinato dalla fondazione MEDSEA che dal 2017 si occupa delle zone umide e costiere con lo scopo di trovare un modello di gestione integrata.  Nella Costa occidentale della Sardegna, nell’Oristanese, 11 comuni hanno voluto e sottoscritto il “Contratto delle zone marino umido costiere dell’oristanese” per gestire questi preziosi bacini in modo integrato impegnandosi su diverse azioni di conservazione, valorizzazione e tutela di questi ambienti.

Il contratto di costa è frutto di tanti anni di lavoro di molti esperti. È una sfida del territorio dell’Oristanese, realizza un vero e proprio coinvolgimento delle comunità locali. La carta è stata firmata da 11 sindaci appartenenti ai comuni dell’Oristanese, hanno firmato la carta anche la Provincia di Oristano, l‘autorità di gestione delle acque dell’Oristanese e la Regione autonoma della Sardegna. Al momento la Carta è stata firmata da soggetti pubblici” dichiara Piera Pala, Co-founder MEDSEA.

Come tutte le zone umide del Mediterraneo, comunque queste zone per quanto abbiano un buono stato di conservazione presentano delle minacce. Delle minacce a livello globale, per esempio come i cambiamenti climatici, determinate da fattori a grande scala e delle minacce a livello locale determinate molte volte dalle attività che vengono fatte attorno all’interno delle zone umide. Siamo nella penisola del Sinis, all’interno di uno dei sei siti Ramasar di quest’area della provincia di Oristano. Sei zone umide di particolare interesse perché fortemente connesse tra di loro sia attraverso una serie di corridoi ecologici a terra, sia attraverso la connessione con il mare” spiega Giorgio Massaro, esperto in scienze ambientali dell’associazione MEDSEA.

Le aree umide e il sistema del bacino idrografico di Oristano rappresentano un sistema ecologico unico e costituiscono un ecosistema dal valore inestimabile.

(Per le immagini si ringrazia MedWet/Claudia Amico)

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