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Defender: le prime battaglie spaziali dei videogame

Nel 1981, Williams Electronics pubblica il primo sparatutto a scrolling orizzontale

© IGN

Sin dal lancio di Space Invaders nel 1978 i primi produttori di videogame hanno capito che il tema spaziale e la presenza di astronavi che sparano agli alieni era ben gradito ai giocatori: fu così che Williams Electronics, storica produttrice di flipper, scelse proprio questo tipo di ambientazione per tentare il suo debutto in grande stile nel mercato dei giochi elettronici, dopo averci provato copiando lo storico Pong! con Paddle Ball, ottenendo scarso successo.

Ecco dunque che un designer di flipper, ovvero Eugene Jarvis, viene chiamato per realizzare il progetto Defender (un titolo utile a giustificare il fatto che i giocatori stessero usando violenza contro qualcuno o qualcosa). Idealmente il team di Jarvis avrebbe dovuto produrre un clone di Space Invaders con qualche tipo di innovazione che lo rendesse appetibile a un pubblico affamato di novità.

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I punti di riferimento presi da Jarvis come ispirazione erano il gioco di Taito e anche Asteroids di Atari, che aggiungeva l’interessante possibilità di spostare l’astronave del giocatore ovunque sullo schermo, permettendo addirittura di superarne il bordo per ricomparire magicamente dalla parte opposta. Dopo aver sperimentato un po’ con l’idea di sparare alle classiche formazioni di alieni che appaiono dall’alto, il team prende la decisione di "ruotare" il gameplay, mostrando l’astronave del giocatore da un lato.

Non solo: fu anche aggiunta la possibilità di sparare sia verso sinistra che verso destra. A quel punto aggiungere lo scrolling venne naturale: il team di sviluppo realizzò un panorama disegnando i contorni di montagne tramite una semplice linea, dando così vita al primo sparatutto a scrolling orizzontale della storia (anticipando Konami e il suo altrettanto storico Scramble di qualche mese).

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Restava da sistemare il gameplay, ancora non del tutto accattivante, e così arrivò la decisione d'inserire dei piccoli astronauti da proteggere dai rapimenti alieni. Questo, unitamente all’aggiunta di un radar nella parte alta dello schermo, rappresentò il punto di svolta nello sviluppo di Defender, con una rocambolesca corsa per avere il gioco pronto per la fiera AMOA del 1980 e per la successiva pubblicazione, l’anno seguente.

Negli Stati Uniti Defender fu distribuito da Midway mentre, ironicamente, in Giappone se ne occupò proprio Taito, la società che ha dato i natali a Space Invaders. Il gioco fu un successo, vendendo oltre sessantamila schede e cabinati, lanciando così Williams nel mercato dei videogame a testa alta. Atari strinse con il produttore un importante accordo per portare Defender su Atari 2600, dando vita a una conversione che vendette la mostruosa cifra (nel 1982) di tre milioni di cartucce e che diventò rapidamente uno dei titoli distintivi per la storica console.

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La corsa di Defender non si ferma però su Atari 2600: il gioco ottiene infatti una serie di conversioni su praticamente tutti gli home computer dell’epoca, compresi Commodore 64 e ZX Spectrum, mentre non mancano porting per altre console come Intellivision e Colecovision. Questo senza tirare in ballo le dozzine e dozzine di cloni che hanno invaso il mercato, specialmente su home computer, a testimonianza di quanto il gioco avesse dato uno "scossone" al mercato.

Nel frattempo Eugene Jarvis lasciò la società per fondare la sua software house Vid Kids assieme a Larry DeMar (co-autore di Defender) e proprio a loro Williams si rivolse per dare vita a un seguito spirituale di Defender: ecco dunque che a fine 1981, dopo appena quattro mesi di sviluppo, viene pubblicato StarGate, sparatutto molto affine al precedente best-seller di Williams, che fu successivamente intitolato Defender II nelle conversioni per console e computer.

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Da allora furono pubblicati altri seguiti, come l’interessante Defender 2000, ma nessuno ottenne il successo dei primi episodi e la saga, col tempo è sparita dai palcoscenici, con l’ultimo capitolo ufficiale uscito nel 2002.