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 Gibellina, il più grande museo del dolore en plein air: restaurate le opere del passato

Il centro d'arte dimenticato tenta di "rialzarsi", ridando luce al lavoro eseguito dai grandi artisti del '900 dopo il terremoto del 1968. "Ma è necessario che le istituzioni ci aiutino e non ci lascino soli", afferma il sindaco Sutera

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Una città che appare oggi come un grandissimo museo en plein air. Gibellina, colpita dal terribile sisma che devastò il Belice nel 1968 e famosa per il suo Cretto di Burri, imponente opera in cemento costruita fra il 1984 e il 1989 proprio nel luogo in cui sorgeva il vecchio paese distrutto dal sisma, adesso è pronta a rinascere, ancora più di prima, grazie al recupero di numerose opere d'arte che portano la firma di alcuni dei più importanti artisti del Novecento.

Il progetto Il MAC, Museo d'Arte Contemporanea Ludovico Corrao, insieme all'amministrazione comunale di Gibellina, hanno avviato e completato infatti un ampio progetto di recupero delle sculture e delle installazioni che sono sparse lungo le vie del nuovo centro abitato. E basterà così fare un salto in questo paesino del trapanese, per ammirare il volto nuovo di questo luogo magico.

Le opere recuperate Gibellina è infatti pronta a mostrare l'appena recuperato "Senza titolo", opera del 1999 di Nino Mustica in vetroresina, che mostrava spaccature e lesioni. C'è poi la "Ragnatela" di Arnaldo Pomodoro. Entrambe le sculture dopo il restauro sono state posizionate nello spazio antistante il museo MAC. Di Pomodoro è anche "L'Aratro per Didone", altro elemento di scena in rame, ferro e tufo, realizzato nel 1986. Tra le opere restaurate anche la "Macchina per ascoltare il vento" di Giovanni Albanese (1989) e la "Scultura sdraiata" in ferro di Salvatore Cuschera. Poi c'è "L'Omaggio a Tommaso Campanella", opera del 1987 di Mimmo Rotella che si trova oggi in piazza XV Gennaio.

"Patrimonio artistico per lo sviluppo della città" "Crediamo che il patrimonio artistico sia fondamentale per lo sviluppo della città - spiega il sindaco di Gibellina, Salvatore Sutera - per questi interventi abbiamo utilizzato fondi comunali, ma è necessario che le istituzioni regionali e nazionali ci aiutino e non ci lascino soli per i prossimi restauri necessari sulle opere".

L'Oedipus Rex di Cocteau e l'opera di Consagra Già nel 2020, con i fondi comunali, erano stati recuperati e ripitturati (e ancorati saldamente al terreno) anche gli elementi in ferro della "Città di Tebe", realizzata da Pietro Consagra come grande elemento scenografico per l'Oedipus Rex di Jean Cocteau che sulle musiche di Igor Stravinskij è stato portato in scena nel 1988, proprio sopra i ruderi di Gibellina vecchia. Si tratta di sedici elementi plastici in ferro bianco monocromo che simbolicamente rappresentano i grandi oracoli posti a vegliare sulla città di Tebe. Recuperata e saldata nelle sue lesioni, la "Doppia Spirale" in ferro monocromo di Paolo Schiavocampo (1987), era stata anch'essa sistemata nel cuore del tessuto urbano di Gibellina in un dialogo armonioso con l'architettura de "Il Giardino segreto" di Francesco Venezia (1992) e le architetture delle abitazioni private. 

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