Eutanasia, Cannabis, Giustizia: ecco perché i referendum sono stati bocciati
Dal quesito che "non assicura il livello minimo di tutela della vita", al testo "manipolativo" e "contraddittorio": le sentenze depositate
Nei giorni scorsi la Corte costituzionale ha bocciato le tre richieste di referendum su Eutanasia, Cannabis, Giustizia (erano state presentate in tutto 8 richieste). Per i giudici della Consulta i quesiti referendari sono stati in alcuni casi "contraddittori" e "manipolativi" e nel caso dell'omicidio consenziente "non assicurano la tutela minima del diritto alla vita". Ecco le sentenze depositate.
Il quesito sull'omicidio consenziente non assicura il livello minimo di tutela della vita Per i giudici della Consulta è inammissibile la richiesta di referendum sull'abrogazione parziale dell'articolo 579 del Codice penale (omicidio del consenziente) poiché, rendendo lecito l'omicidio di chiunque abbia prestato a tal fine un valido consenso, priva la vita della tutela minima richiesta dalla Costituzione. Così facendo, sarebbe stata sancita, al contrario di quanto attualmente avviene, "la piena disponibilità della vita da parte di chiunque sia in grado di prestare un valido consenso alla propria morte, senza alcun riferimento limitativo". L'approvazione del referendum, infatti, avrebbe reso lecito l'omicidio di chi vi abbia validamente consentito, a prescindere dai motivi per i quali il consenso è prestato, dalle forme in cui è espresso, dalla qualità dell'autore del fatto e dai modi in cui la morte è provocata. La liceità, insomma, sarebbe andata ben al di là dei casi nei quali la fine della vita è voluta dal consenziente prigioniero del suo corpo a causa di malattia irreversibile, di dolori e di condizioni psicofisiche non più tollerabili. Una normativa come quella dell'articolo 579 Cp può essere modificata e sostituita dal legislatore, ma non puramente e semplicemente abrogata, senza che ne risulti compromesso il livello minimo di tutela della vita umana richiesto dalla Costituzione. La decisione è stata depositata con la sentenza n. 50 (redattore Franco Modugno).
Il referendum sulle droghe leggere è inammissibile perché contraddittorio e avrebbe depenalizzato le droghe pesanti Il quesito referendario "sull'abrogazione di disposizioni penali e di sanzioni amministrative in materia di coltivazione, produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope" è inammissibile, secondo la costante giurisprudenza sull'articolo 75 della Costituzione, perché si pone in contrasto con le Convenzioni internazionali e la disciplina europea in materia, difetta di chiarezza e coerenza intrinseca ed è, infine, inidoneo allo scopo. Il quesito infatti, così come era stato posto, "avrebbe condotto alla depenalizzazione della coltivazione di tutte le piante da cui si estraggono sostanze stupefacenti, pesanti e leggere, con ciò ponendosi in contrasto con gli obblighi internazionali. La decisione è stata depositata con la sentenza numero 51 (redattore Giovanni Amoroso).
Quesito sulla responsabilità civile delle toghe manipolativo e non chiaro La Corte ha ritenuto inammissibile il quesito sulla responsabilità civile delle toghe per il suo carattere manipolativo e creativo, non ammesso dalla costante giurisprudenza costituzionale: esso, infatti, attraverso l'abrogazione parziale della legislazione vigente, avrebbe introdotto una disciplina giuridica nuova, non voluta dal legislatore, e perciò frutto di una manipolazione non consentita. Il quesito è inoltre inammissibile per mancanza di chiarezza: la normativa di risulta, infatti, non avrebbe consentito di configurare un'autonoma azione risarcitoria, esperibile direttamente verso il magistrato, poiché ne sarebbero rimasti oscuri i termini e le condizioni di procedibilità. Secondo le norme ora vigenti, l'azione risarcitoria è indirizzata nei confronti dello Stato e, solo all'esito di un'eventuale soccombenza, quest'ultimo può rivalersi sul magistrato. Oscuro è anche il rapporto tra la stessa azione diretta e quella verso lo Stato, che sarebbe rimasta in vigore anche dopo l'abrogazione proposta dalle Regioni promotrici. Pertanto, la normativa di risulta - per come formulato il quesito referendario - non sarebbe stata idonea a definire i tratti e le caratteristiche della nuova azione processuale, che il quesito intendeva introdurre. La decisione è stata depositata con la sentenza numero 49 (redattore Augusto Barbera).
Referendum ammessi e referendum non ammissibili, i giudizi della Consulta
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