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Ucraina, allarme dagli Usa: i comandanti russi hanno ricevuto l'ordine di invadere | Macron sente Putin: "D'accordo che bisogna lavorare a una tregua"

Kamala Harris: "L'Europa è sull'orlo della guerra, ma la diplomazia è al lavoro". Il Cremlino non sospende le esercitazioni con Minsk

"I comandanti russi hanno avuto l'ordine di invadere" l'Ucraina. Dagli Stati Uniti l'allarme è chiaro. La prima a riportare la notizia, citando fonti dell'intelligence, è la Cbs. Ma la conferma arriva presto anche dal Washington Post e dal New York Times. "L'Europa è sull'orlo della guerra", dice Kamala Harris, spiegando che la diplomazia è al lavoro. Macron chiama Putin e sente Zelensky: "D'accordo che bisogna lavorare a un cessate il fuoco", afferma l'Eliseo.

La crisi che oppone il Cremlino all'Occidente di ora in ora si fa più complessa, mentre la Bielorussia avverte che truppe di Mosca rimarranno sul suo territorio anche dopo la fine delle manovre congiunte. E nel Donbass si continua a sparare, con i separatisti filo-russi che accusano le forze di Kiev di avere ucciso due civili, i primi dalla ripresa dei combattimenti nella regione.

Ogni incidente come questo rischia di portare a "conseguenze irreparabili", avverte il portavoce del Cremlino Dmity Peskov. E proprio per questo, nella nuova conversazione telefonica avvenuta tra il presidente russo Vladimir Putin e quello francese Macron, i due hanno concordato che bisogna lavorare alla de-escalation partendo proprio da un cessate il fuoco nell'est dell'Ucraina. L'annuncio dell'Eliseo è stato confermato dal Cremlino, e successivamente il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, parlando anch'egli con Macron, si è detto favorevole all'"introduzione immediata" di una tregua attraverso la convocazione urgente di una riunione del gruppo di contatto trilaterale", di cui fanno parte Ucraina, Russia e Osce. In serata Macron e Putin hanno avuto un nuovo colloquio telefonico durato un'ora.

L'autoproclamata Repubblica di Donetsk evacua donne e bambini dal Donbass

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Le autorità dell'autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk, nel Donbass, hanno evacuato migliaia di civili, in maggioranza donne e bambini, trasferendoli nella regione russa di Rostov attraverso il posto doganale "Matveev Kurgan". Sempre verso Rostov sono stati evacuati anche migliaia di civili provenienti da un'altra autoproclamata repubblica filorussa del Donbass, quella di Lugansk. In entrambi i casi sono stati denunciati bombardamenti d'artiglieria da parte di Kiev su città e villaggi delle due repubbliche filorusse.

Gli allarmi diffusi dall'intelligence americana attraverso i media, smorzano però le speranze di una soluzione diplomatica. La Cnn afferma che i russi hanno già schierato il 75% delle loro truppe convenzionali in posizione di attacco, mentre alla Cbs il corrispondente per la sicurezza nazionale David Martin si spinge a dire che i comandanti russi hanno già ricevuto l'ordine di invadere l'Ucraina e stanno mettendo a punto i necessari piani. Un'affermazione che va addirittura oltre quella fatta poche ore prima dalla vice presidente Kamala Harris, secondo la quale, ormai, "Putin ha preso la sua decisione". E alla profezia catastrofica del premier britannico Boris Johnson, per il quale Mosca pianifica "la più grande guerra in Europa dal 1945".

"Non c'è alcun motivo per la Russia di attaccare nessuno", controbatte Peskov, invitando i Paesi occidentali a "tornare a essere ragionevoli". Ma certo non aiutano ad allentare le tensioni le dichiarazioni del governo bielorusso, secondo il quale la Russia lascerà le proprie truppe nel Paese vicino anche dopo la fine delle esercitazioni congiunte durate dieci giorni. Anzi, avverte il ministro della Difesa bielorusso, Viktor Khrenin, Mosca e Minsk hanno deciso di istituire una "task force appropriata, che se necessario è pronta a combattere". Proclami che secondo l'Eliseo Putin avrebbe smentito nel suo colloquio con Macron. Da Washington, intanto, Joe Biden convoca il consiglio per la sicurezza nazionale e cancella il viaggio che nelle prossime ore avrebbe dovuto portarlo nella sua Wilmington - per una questione familiare.

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