Elisabetta Milani, giovanissima, è cresciuta tra i sacchi di iuta pieni di chicchi e lo straordinario aroma del caffè: oggi si occupa di Comunicazione e Marketing per l'azienda di famiglia.
Elisabetta, lei è nata con il Dna imprenditoriale, non è così?
Caffè Milani è l’azienda di famiglia e vanta ormai quasi un secolo di storia. Bisogna tornare indietro nel tempo fino al 1937 infatti quando mio nonno, che faceva il barista, rilevò una torrefazione nel centro di Como. All’epoca era più una bottega artigiana che un’azienda come siamo abituati a pensarla oggi: i clienti erano i consumatori che assaporavano l’espresso nella tazzina e i bar che acquistavano le miscele. Tra gli anni ’60 e ’70 del ‘900, mio papà Pierluigi ha dato il via ad un’attività industriale e questo ha comportato ovviamente anche lo spostamento dell’azienda dal centro della città verso una zona più decentrata, a Lipomo, dove ancora oggi abbiamo la nostra sede.
La sua storia è quindi legata a doppio filo con quella del caffè.
E’ così. Fin da piccoli, io e mio fratello appena possibile andavamo in azienda e scorrazzavamo tra i sacchi di iuta pieni di chicchi profumati. L’aroma del caffè mi ha sempre accompagnato ed è un sentore del quale non posso fare a meno. Ho sempre desiderato far parte di questo mondo e perciò ho orientato la mia formazione nell’ottica di occuparmi del marketing e della comunicazione di Caffè Milani.
Oggi, infatti, lei riveste un ruolo chiave per la comunicazione del brand.
Ho studiato a Milano presso l’università Cattolica e subito dopo aver conseguito la laurea triennale ho voluto fare esperienza sul campo entrando subito nell’azienda di famiglia, di cui oggi mio papà è Amministratore Delegato, mentre mio fratello occupa un ruolo commerciale. Il nostro obiettivo è quello di avvicinare un pubblico sempre più vasto e anche giovane al mondo del caffè e per questo abbiamo iniziato, per esempio, ad utilizzare i social media. E’ importante per noi sottolineare che, rispetto ad altri importanti operatori del settore, non abbiamo mai abbandonato la nostra vocazione all’artigianalità, che si esprime, tra l’altro, nella scelta delle materie prime sulle quali poniamo una straordinaria attenzione affinché la qualità sia sempre ai livelli di eccellenza.
E’ stato difficile farsi accettare?
Per quanto riguarda il mio rapporto con i collaboratori, sono stata fortunata perché sono stata accolta con grande simpatia, generosità e rispetto: del resto, la nostra è una realtà medio piccola dove i rapporti umani e le relazioni sono molto solidi, senza contare che in molti mi hanno praticamente vista crescere. Più complicato invece essere una giovane donna nel settore del Food & Beverage, soprattutto quando devo partecipare ad eventi internazionali, in quanto i ruoli apicali sono nella gran maggioranza dei casi rivestiti dagli uomini. Devo riconoscere, tuttavia, che qualcosa si sta muovendo perché sono sempre di più le donne che vengono scelte e inserite in posizioni di rilievo anche nelle aziende di questo settore.
Lei ha portato una ventata di novità nel modo di comunicare.
Sempre ricordando che l’espresso sa di italianità, il mio obiettivo è quello di uscire dagli schemi e dai confini italiani raccontando il caffè in tutte le sue molteplici sfaccettature e promuovendo ricette e drink alternativi all’espresso, che incontrano il gusto dei giovani sempre più abituati a viaggiare e vivere in un mondo cosmopolita.
Il caffè espresso è ancora un’eccellenza italiana?
Assolutamente sì! Il nostro paese è la patria indiscussa dell’espresso: il caffè espresso rappresenta il frutto della povertà e della fantasia degli italiani, perché siamo riusciti a creare una bevanda straordinaria utilizzando soltanto sette grammi di caffè, mentre all’estero, per i caffè filtro, ne vengono impiegati esattamente il doppio. A questo, aggiungo che per noi una tazzina di caffè rappresenta anche un prezioso momento di socialità e di condivisione: assaporare il caffè diventa una vera esperienza, se all’aroma della miscela si aggiungono la bravura e la competenza del barista.
A proposito di baristi: so che voi organizzate delle masterclass di formazione studiate appositamente.
Da oltre vent’anni abbiamo promosso iniziative di formazione per operatori del settore HoReCa (Hotel, Ristoranti e Caffè) proprio per sensibilizzare e diffondere la cultura del caffè in tutti i suoi aspetti: dalla pulizia e manutenzione delle attrezzature, alle nuove tecniche di caffetteria, come la latte-art per decorare i cappuccini, le estrazioni alternative all’espresso, e così via. I corsi si tengono in tutte le nostre sedi, quindi anche a Milano e in Sardegna.
So che vi è molta attenzione nella scelta delle materie prime.
Facciamo una selezione accurata del caffè come materia prima; andiamo alla ricerca di origini di nicchia come base per le miscele, acquistando direttamente dai Paesi che le producono. In laboratorio valutiamo i campioni testando il prodotto in tutte le sue possibili modalità di preparazione, dall’espresso alla moka, dalle capsule al caffè filtro, e poi, se conforme ai parametri, diamo il via libera per l’acquisto. Quando la merce viene consegnata, un ulteriore controllo prevede che quanto arrivato corrisponda al campione precedentemente esaminato prima di assegnarlo alla produzione.
Anche il biologico è un tema che vi sta a cuore.
Da tempo abbiamo investito su prodotti bio: la nostra miscela biologica “Action” è realizzata con caffè coltivati senza l’utilizzo di prodotti chimici e pesticidi ed è buona non solo per il palato, ma anche per la salute dell’organismo.
Il suo caffè preferito?
Forse perché siamo stati tra i primi torrefattori in Italia a lanciare i monorigine con la nostra linea “Puro” a me piacciono molto i caffè in purezza che provengono da un unico Paese di produzione, come la singola origine Etiopia Sidamo, dal gusto speziato e dai sentori di cioccolato. Tra le miscele, amo il gusto della tradizione ossia i blend dolci e delicati con sentori che ricordano la nocciola, la frutta secca e il caramello.
Una novità che possiamo anticipare ai nostri lettori?
Quest’anno celebreremo i nostri 85 anni di attività. In occasione di questa ricorrenza abbiamo in serbo molte novità e tante iniziative volte a promuovere il nostro territorio, sostenere la comunità, salvaguardare l’ambiente e diffondere una cultura di sviluppo sostenibile.
Un suggerimento alle ragazze che vogliano iniziare a lavorare nel mondo del caffè?
E’ fondamentale essere mosse dalla passione per il prodotto, riuscire a capire la cultura infinita che vi si cela, tra cui le tradizioni e le usanze dei paesi di provenienza del caffè.
Esiste un galateo del caffè espresso?
Certamente! Per gustare un caffè espresso fatto a regola d’arte, occorre che sia servito in una tazzina bianca, sia fuori, ma soprattutto dentro per poter fare una prima valutazione visiva, giacché il colore deve essere quello cosiddetto della “tonaca di frate”, ovvero di una particolare tonalità di marrone. Occorre poi che la crema in superficie sia liscia, uniforme e compatta; si procede poi alla valutazione olfattiva e a quella gustativa, per testare vari parametri tra cui il corpo del caffè, che deve essere rotondo e sciropposo, l’acidità e le note sensoriali che si ritrovano in tazza.