C'erano una volta Sherlock Holmes ed Hercule Poirot, Miss Marple e Nero Wolfe, il commissario Maigret e Philip Marlowe: investigatori, nati dalla penna di scrittori come Arthur Conan Doyle e Agatha Christie e Raymond Chandler, chiamati a risolvere misteriosi delitti, furti o rapine “armati” solo di uno straordinario intuito, di una lente d'ingrandimento e poco altro. Strumenti del tutto inadeguati per gli investigatori di oggi per muoversi nell'era del cybercrime, dove i criminali informatici sono capaci di compiere attacchi attraverso Internet per trafugare informazioni segrete, per estorcere denaro o compiere qualsiasi altro illecito. Alle potenziali cyber-vittime è dedicato il manuale di Roberto Murenec, ispettore della Guardia di Finanza, intitolato “Digital Forensics”(edito da Egaf, società editrice specializzata in prontuari tecnico-giuridici)
Un fenomeno diventato di proporzioni impressionanti, come testimoniano i più recenti bilanci presentati dai responsabili delle forze dell'ordine con 98mila truffe online (comprese quelle su distribuzione e vendita di mascherine e disinfettanti anti-Covid) e 3.741 truffatori online denunciati. Un bilancio di 25 milioni di euro “cyberfrodati” a 48 imprese medio grandi, con 636 denunce per estorsioni a luci rosse, 69 arrestati e 1.192 indagati per sfruttamento sessuale di minori online e adescamento di minori in rete.
Una montagna di cyberreati che richiede sempre più Cyberinvestigatori, come i “Ciso”, acronimo di Chief information security officer, responsabili della sicurezza informatica spesso affiancati da Security analyst, Ethical hacker, Security engineer e Security developer: tutte nuove figure professionali ricercatissime soprattutto da grandi aziende che ogni giorno generano “valori preziosissimi” da custodire dentro ai computer. Sono loro gli esperti "ad altissima tecnologia" della Digital Forensics, ovvero la disciplina che si occupa dell’identificazione, preservazione, acquisizione e analisi delle informazioni digitali, con l'obiettivo di estrarne (e conservarne l'originalità come valore processuale) prove rilevanti per lo svolgimento dell’attività investigativa. O meglio: “cyberprove”che uomini delle forze dell'ordine, ma anche magistrati, avvocati, consulenti tecnici, possono “scoprire e conservare” solo se davvero esperti di Digital Forensics.
Una nuova “frontiera dell'investigazione” analizzata a fondo da Roberto Murenec, ispettore della Guardia di Finanza, nel manuale “Digital Forensics”(edito da Egaf, editrice specializzata in prontuari tecnico-giuridici) nato innanzitutto da una considerazione. Secondo l'autore “la digitalizzazione ha pervaso ormai la vita quotidiana di tutti, a casa, sul luogo di lavoro, in viaggio, con l’evoluzione dell’uso della rete internet, amplificata ancor di più dall’avvento del 5G”.
Un terreno di caccia fertilissimo per gli hacker contro i quali occorre mettere in campo una task force ad alta specializzazione composta, come spiega sempre Roberto Murenec, da “persone che abbiano adeguate competenze tecnico-giuridiche”, e che potrebbero essere formati più rapidamente “puntando su periti elettronici o informatici, laureati in discipline matematiche, informatiche, economiche e giuridiche”. L'obiettivo è contrastare l'autentica pandemia di reati online con la diffusione dei “cyber weapon”, cioè gli strumenti usati per gli attacchi informatici: phishing, smishing e vishing. Una task force di cyberinvestigatori diventata oggi indispensabile per difendere milioni di cittadini che a loro volta, conclude l'autore di Digital Forensics, “possono tutelarsi tenendo sempre presente una semplice parola d’ordine: awareness. Ovvero la consapevolezza che in rete il pericolo esiste a ogni ”click”.