Mobilità sostenibile, la transizione passa attraverso il sistema ferroviario
Per vincere la sfida, per la quale sarà fondamentale investire sempre più sul “capitale umano”, le Ferrovie dello Stato Italiane stanno già lavorando a un progetto che prevede il potenziamento dell’infrastruttura e la trasformazione delle stazioni in hub multimodali al servizio dei territori
Che dopo la pandemia, con il suo pesantissimo impatto sull’Italia anche dal punto di vista economico, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sia stato visto come un’opportunità senza precedenti è cosa nota: sugli sforzi per consegnare a Bruxelles un progetto di ampio respiro il nostro Paese ha infatti messo in gioco non solo la possibilità concreta di ottenere i fondi, ma anche la propria credibilità internazionale. E per farlo, il PNRR ha dovuto necessariamente dedicare una parte importante dei propri investimenti al settore dei trasporti, infrastruttura fondamentale per la ripresa e il rilancio dell’Italia.
Un’infrastruttura per la quale il governo, nel suo Piano, punta sui temi della sostenibilità e sul ruolo di primo piano del sistema ferroviario: non a caso la Missione 3 del PNRR, “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”, destina ben 25,4 miliardi di euro allo sviluppo e al potenziamento della rete ferroviaria, sia quella nazionale sia quella regionale.
Perché la sfida abbia successo, però, “sono fondamentali il lavoro di squadra, la collaborazione e la cooperazione di tutti i player del settore insieme alle istituzioni, alle comunità coinvolte e al mondo accademico”, mette in guardia Fabrizio Favara, Chief Strategy Officer di Ferrovie dello Stato Italiane. E spiega che la trasformazione digitale e la transizione ecologica stanno cambiando il mercato del lavoro, e per questo occorre investire sempre più sul capitale umano, “sullo sviluppo e sulla capitalizzazione delle competenze, sulla formazione dei giovani e sulla ricerca. C’è infatti carenza di forza lavoro e il settore delle infrastrutture per la mobilità dovrà fare fronte ad un’addizionale richiesta di figure professionali pari a circa 150.000 unità tra operai generici e specializzati, ma anche ingegneri. Una grande sfida che dovremo affrontare e che riusciremo a vincere solo facendo sistema tra università, istituzioni, enti territoriali, e imprese”.
Le Ferrovie dello Stato Italiane, intanto, da parte loro stanno già lavorando a un piano decennale (che verrà presentato a breve dall’ad Luigi Ferraris) in linea con gli obiettivi del PNRR.
“Bisogna intervenire in modo significativo sul sistema nazionale di mobilità sostenibile e integrata di persone e merci favorendo l’uso del treno, rendendo sempre più efficace la sua integrazione con gli altri sistemi di trasporto sostenibile e utilizzando il trasporto su gomma solo per l’“ultimo miglio”, dove la ferrovia non arriva”.
Anche perché le normative sempre più stringenti sulle emissioni di CO2, con l’obiettivo di arrivare a un sistema di trasporto a zero emissioni in Europa, stanno indirizzando il sistema dei trasporti sempre più verso soluzioni intermodali e integrate a partire dall’infrastruttura ferroviaria, che risulta essere la più sostenibile dal punto di vista ambientale.
Dai dati relativi al 2019, chiarisce Favara, nel settore dei trasporti italiano “la gomma rappresenta il 92% degli spostamenti ed è responsabile di quasi il 94% delle emissioni complessive del comparto, mentre la ferrovia, che rappresenta il 6%, produce lo 0,1% di emissioni”. È quindi evidente che, per una transizione verso una mobilità più green, “occorre ricostruire un’esperienza di viaggio che abbia sempre più come mezzo principale il treno, che è il mezzo di trasporto più efficiente dal punto di vista energetico e quello con il minor impatto ambientale”.
Per farlo, però, non è sufficiente lo sviluppo della tecnologia e dell’infrastruttura ferroviaria: secondo il Chief Strategy Officer di Ferrovie dello Stato Italiane è indispensabile creare un sistema di trasporto integrato che veda la cooperazione tra tutti gli attori coinvolti: “Le politiche di trasporto e i player che lavorano nel settore della mobilità devono promuovere insieme la sostenibilità nel lungo periodo, per accrescere l’intermodalità ferro-strada-aereo-mare, in cui l'infrastruttura ferroviaria possa accogliere i flussi di traffico che arrivano dalle altre infrastrutture e la strada ‘intelligente’ li distribuisca in modo capillare e sostenibile nel primo e ultimo miglio”.
In quest’ottica, si prevede di utilizzare sempre più le stazioni ferroviarie come hub multimodali di interscambio tra ferro, gomma, micromobilità e sharing, ma anche con piste ciclabili e percorsi pedonali. “Più di un quinto della popolazione italiana – spiega Favara – vive o lavora a meno di un chilometro da una delle oltre 2.200 stazioni ferroviarie italiane”, mentre “più del 50% di italiani abita o lavora a meno di 3 chilometri” da una fermata del treno. È quindi “di fondamentale importanza collegare efficacemente le stazioni ai territori che le ospitano, potenziando i servizi”. Come ad esempio il miglioramento dell’accessibilità delle stazioni, l’aumento dell’inclusività e il loro inserimento in una rete di intermodalità locale e nazionale. E proprio le stazioni sono già al centro, attraverso un approccio data-driven, “di un più ampio piano di riassetto urbanistico, di rilancio territoriale e trasportistico”, in cui fondamentale è l’interazione con le comunità locali per avere “una conoscenza capillare dei territori, dall’analisi dei comportamenti e dei bisogni delle persone che li abitano”, così che il treno possa diventare sempre più la risposta a queste necessità.