Prima serata della 72esima edizione del Festival di Sanremo. Si sono esibiti i primi 12 big in gara. Diversi problemi tenici di audio hanno inciso sulle esibizioni, in diversi casi apparse slegate e con anche qualche problema di intonazione. Hanno colpito le canzoni di Gianni Morandi, Massimo Ranieri e Mahmood e Blanco. Bene anche Yuman e Dargen D'Amico, da risentire Noemi e La Rappresentante di Lista.
Achille Lauro, "Domenica" Tutti si aspettano costumi e travestimenti e lui si presenta con indosso solo un paio di pantaloni di pelle, a petto e piedi nudi. Anche se la trovata scenica non manca, con l'auto-battesimo mentre il coro di Harlem gli fa da accompagnamento. In tutto questo quello che manca per il colpo del ko è la canzone che ripercorre troppo strade già battute. 6,5
Yuman, "Ora e qui" L'anima soul del Festival la incarna lui che sembra caricarsi sulle spalle l'eredità di Alex Baroni. La canzone ha un arrangiamento ricco e tradizionale, lui la interpreta con pathos, anche se con qualche imprecisione. 7-
Noemi, "Ti amo, non lo so dire" Un brano dai due volti: apre nel solco delle ballad più classiche di Noemi e poi decolla con un'esplosione di elettronica che, complice un mix assassino, ne sovrasta spesso la voce. Tra cambi di tonalità e di atmosfera l'impressione è che lei debba un po' inseguire per stare dentro al pezzo, al momento ancora fuori fuoco. Da risentire. 6-
Gianni Morandi, "Apri tutte le porte" Per lui Jovanotti ha confezionato un mix esplosivo in cui c'è dentro persino troppo: i riferimenti sono tali e tanti che giusto il tempo di coglierli e la canzone è già andata da un'altra parte. All'inizio persino un veterano come lui appare frenato dall'emozione, ma poi riesce a sciogliersi. Anche perché con un ritornello così può andare molto lontano. 8
La Rappresentante di Lista, "Ciao ciao" Veronica Lucchesi e Dario Mangiaracina vincono il malus della serata sui suoni: slegati, con la voce non calibrata rispetto alla musica, al punto che le parole si impastano. Va meglio nel ritornello dove l'effetto gioca-jouer funziona anche televisivamente ma l'esibizione non è alla loro altezza e l'impatto complessivo del pezzo è azzoppato. 6,5
Michele Bravi, "Inverno dei fiori" Il suo è un brano intenso e delicato, che ha bisogno della media distanza per fiorire in tutte le sue potenzialità. Lui lo interpreta in maniera da coniugare eleganza e passione anche se non manca qualche imprecisione. 6+
Massimo Ranieri, "Lettera di là dal mare" Ranieri ha in mano un gioiello di canzone. Peccato debba affrontarlo con evidenti problemi di audio. Finché si tratta della strofa più teatrale, poco male, ma quando deve spingere a piena voce le cose si complicano ed è costretto a liberarsi degli auricolari per stare nell'intonazione. E non sempre gli riesce. Pezzo ed esperienza gli fanno portare a casa l'obiettivo minimo. 7-
Mahmood e Blanco, "Brividi" La sorpresa per loro è nel portare una canzone che è forse la più tradizionale in gara. Ma a fare la differenza è il loro modo di interpretarla, tra i falsetti perfetti di Mahmood e la pulizia delle linee vocali di Blanco che, con i suoi 18 anni, non fa una sbavatura e si mangia un palco che fa tremare anche i più rodati veterani. L'intreccio funziona e può anche migliorare regalando brividi veri. 8
Ana Mena, "Duecentomila ore" Regina dei tormentoni estivi con il trasloco di stagione decide di puntare su un altro tipo di tormentone: quello da balera. Il zum-pa-pà del ritornello con tanto di fisarmoniche sembra davvero fuori tempo massimo rispetto al Sanremo odierno. 5
Rkomi, "Insuperabile" Quest'anno la quota rock spetta in buona parte a lui. Il riff di chitarra fortemente debitore (ehm) nei confronti dei Depeche Mode apre un pezzo che mescola rap e melodia. Il ritornello ha una sua efficacia che va oltre la zavorra del pessimo audio. 6,5
Dargen D'Amico, "Dove si balla" Arriva dopo il ciclone Maneskin e ringrazia Amadeus di questo "regalo". Lui comunque non si fa condizionare: porta una ventata di (apparente) leggerezza con un brano dance che in realtà è l'unico che parla dell'attuale momento storico, tutt'altro che leggero. E dentro c'è anche un pizzico di Vasco Rossi. 7,5
Giusy Ferreri, "Miele" Anima latina e atmosfera vagamente retrò. Giusy lo interpreta con un tocco di sofisticatezza ma non basta per staccarlo dalla zona grigia del "senza infamia e senza lode". 6