Ogni giorno la natura non perde occasione per lanciare dei messaggi d’aiuto. Tra le richieste, però, si trovano a volte anche dei preziosi consigli. E coglierli spesso può essere la chiave per il cambiamento. È quello che ha fatto la studentessa inglese Lucy Hughes, prendendo ispirazione dall’ambiente per creare un’alternativa sostenibile alla plastica: MarinaTex. Il suo progetto parte dall’idea che del mare non si debba buttar via niente, neppure gli scarti. La bioplastica è infatti creata con alghe rosse e con i resti del pesce destinati alla discarica. Qualcuno potrebbe storcere il naso, eppure questo speciale materiale è un perfetto esempio di economia circolare. Una soluzione innovativa che aiuta a ripensare completamente il ciclo di vita di un prodotto.
MarinaTex nasce come progetto universitario per il corso di Product Design all’Università del Sussex. Lucy Hughes è consapevole del danno causato dalla plastica all’ambiente e studiando i principi dell’economia circolare ha scelto di applicarli all’industria del pesce. Gli scarti dell'industria ittica creano infatti un enorme flusso di rifiuti, soprattutto nel Regno Unito. Così la designer ha deciso di ripensare i processi di smaltimento, dando loro uno scopo tutto nuovo e 100% green. Dopo approfondite ricerche Lucy ha scoperto che le pelli e le squame di pesce erano i materiali più adatti a formare la base di una bioplastica, perché hanno strutture proteiche forti e flessibili. Ci sono voluti oltre cento diversi esperimenti per perfezionare il processo ma alla fine il risultato è stato sorprendente.
Può sembrare plastica, ma le somiglianze si fermano all’aspetto. Flessibile e traslucido, l’involucro è adatto agli imballaggi ed è completamente biodegradabile. La formula organica non rilascia sostanze chimiche nocive e non causa danni all’ambiente o all’uomo. Il risultato è una “plastica” naturale resistente e soprattutto biodegradabile in circa quattro settimane.
Il materiale salva-scarto è ancora in fase di sviluppo, ma l’obiettivo di Lucy è quello di commercializzarlo quanto prima. Non è detto che i consumatori siano pronti ad una plastica “marina”, però la Terra senza dubbio ringrazierà.