In Italia oltre un lavoratore su dieci, l'11,8%, si trova in una situazione di povertà, cioè vive, pur lavorando, in una famiglia con un reddito netto inferiore al 60% della mediana. Nell'Ue a 28 i lavoratori in povertà sono il 9,2%. Lo si legge nel Rapporto della Commissione del ministero del Lavoro, elaborato su dati Eurostat 2019, quindi precedenti alla pandemia. Per il ministero serve una nuova strategia per sostenere questi lavoratori.
Tra le proposte c'è l'introduzione di un salario minimo, ma anche un sostegno per chi lavora ma ha un reddito troppo basso, una sorta di "in-work benefit".
Bisogna, inoltre incidere, si legge nella Relazione del Gruppo di lavoro del ministero, sulle ragioni per le quali si ha un reddito basso che non sono solo legate alla bassa retribuzione oraria ma anche alla durata del lavoro (quante ore si lavora durante la settimana, quante settimane nell'anno) spesso precario, al part time involontario e alle scarse competenze sulle quali agire con la formazione. Ma bisogna guardare anche alla composizione familiare (e in particolare quante persone percepiscono un reddito all'interno del nucleo) e al ruolo redistributivo dello Stato.
"Una strategia di lotta alla povertà lavorativa - si legge - richiede quindi una molteplicità di strumenti per sostenere i redditi individuali, aumentare il numero di percettori di reddito, e assicurare un sistema redistributivo ben mirato. L'obiettivo è di aumentare quantità e qualità del lavoro nel nostro Paese".
Per garantire minimi salariali adeguati, secondo gli esperti, bisogna estendere i contratti collettivi principali a tutti i lavoratori oppure introdurre un salario minimo per legge. Una terza opzione prevede una sperimentazione di un salario minimo per legge o di griglie salariali basate sui contratti collettivi in un numero limitato di settori. Questo potrebbe dare una prima risposta in quei settori in cui la situazione è più urgente. Tra le politiche redistributive il Gruppo di lavoro propone d'introdurre quindi un in-work benefit.
In Italia, infatti, solo il 50% dei lavoratori poveri percepisce una qualche prestazione di sostegno al reddito rispetto al 65% in media europea. Dovrebbe essere - si legge - uno strumento unico, di facile accesso e coerente con il resto del sistema (in particolare, Reddito di Cittadinanza, ma anche il nuovo Assegno Unico e Universale per i Figli). Sulla base delle esperienze internazionali, il trasferimento dovrebbe essere definito a livello individuale per non disincentivare il lavoro del secondo percettore. La discussione sulla riforma fiscale - sottolinea lo studio - "rappresenta il luogo ideale per il disegno preciso di questo tipo di strumento".