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Il Consiglio di Stato "decapita" i vertici della Cassazione eletti dal Csm

A fare ricorso era stato il giudice Angelo Spirito, secondo cui le elezioni erano illegittime

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Il Consiglio di Stato, con due distinte sentenze, ha annullato i vertici della Corte di Cassazione, eletti dal Csm nel 2020. Si tratta del presidente Pietro Curzio e della sua vice Margherita Cassano. Palazzo Spada ha quindi ribaltato una precedente sentenza del Tar del Lazio che invece aveva confermato le nomine. A fare ricorso era stato il giudice Angelo Spirito, secondo cui le elezioni erano illegittime.

Le obiezioni del giudice Spirito Per quanto riguarda le obiezioni alle nomine di Curzio e Cassano avanzate nei due ricorsi contro le delibere prese dal Csm nel luglio 2020 - con le quali dopo l'affaire Palamara e lo scandalo che aveva travolto il Csm, si rinnovarono i vertici della Suprema Corte -, si critica la "sopravvalutazione delle esperienze professionali di Curzio" e la "prevalenza" dei "meriti" riconosciuti alla Cassano.

In particolare, nel ricorso contro la nomina della Cassano a presidente aggiunto della Suprema Corte, è stato contestato il "peso" riferito "alla sua esperienza di componente del Csm", a fronte della "netta esperienza quantitativo-temporale" dell'impegno svolto da Spirito che ha il "grado" di presidente di sezione da 20 anni, a fronte dei 13 della Cassano e che è stato componente delle Sezioni Unite per 8 anni contro i 5 della sua "antagonista". Insomma si sarebbe dato troppo valore anche al fatto che Cassano è stata Presidente della Corte di Appello di Firenze senza considerare che Spirito aveva una ben più lunga e specifica esperienza di alto magistrato "dirigente" in Cassazione.

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