Il 13 gennaio 2012, quando la Costa Concordia ha urtato gli scogli delle Scole, nei pressi dell'Isola del Giglio, il musicista catanese Antonello Tonna era a bordo. Lavorava come pianista. A dieci anni di distanza parla a Tgcom24 della tragedia come di un "sogno, vissuto e passato, ma ancora vivo dentro di me. Mi sono salvato tuffandomi in mare. Mentre nuotavo, mi giravo per vedere quella grande nave adagiata e non riuscivo a credere ai miei occhi. Non mi sembrava possibile che nel 2012 potesse accadere un fatto del genere" racconta.
Dove si trovava al momento della tragedia?
"Ero in pausa e mi trovavo al quinto ponte con altri tre o quattro musicisti. Alle 21.45, abbiamo sentito un forte botto. In vita mia non ne avevo mai sentito uno del genere. Un rumore di ferro, di acciaio. Terribile. Abbiamo pensato a un guasto al motore. Siamo rimasti meravigliati, non sapevamo cosa fare. Dopo un po' è mancata la luce - o meglio andava e veniva - e si è accesa quella d'emergenza".
Come avete reagito?
"Ci siamo spostati nel salone centrale, sempre al quinto ponte. Nel frattempo, si spargeva il panico, le persone urlavano, chiedevano cosa fosse successo ma nessuno sapeva".
Le comunicazioni quando sono arrivate?
"Dopo circa dieci minuti, tramite l'altoparlante, ci è stato comunicato che c'era stato un blackout. 'Dovete stare calmi, stiamo risolvendo', ci dicevano. Mentre camminavamo, notavamo che il pavimento non era più 'dritto', la nave cominciava a inclinarsi. Dopo circa quaranta minuti, abbiamo sentito sette fischi brevi e uno lungo, che indicano emergenza. Siamo andati al punto di riunione stabilito in questi casi, al terzo piano, nella zona emersa. Ci siamo messi in fila. Lì è stato fatto l'appello e siamo rimasti fermi circa 15 minuti. Ci tenevamo per mano perché la nave si piegava dall'altro lato. Ancora non sapevamo che eravamo al Giglio".
Poi?
"Non riuscivamo a salire sulle nostre scialuppe, quelle dell'equipaggio, perché c'era caos, panico. Sotto, al quarto ponte, vedevo i passeggeri salire sulle imbarcazioni. Le prime riuscivano a calare tranquillamente, le altre rimanevano sospese in aria perché la nave si piegava verso l'altro lato. Poi, un sottufficiale ci ha detto di andare dall'altro lato così sarebbe stato più facile liberarci. Allora, sempre presi per mano - eravamo circa cento persone - abbiamo attraversato tutta la nave in larghezza (35 metri). Un momento che mi è rimasto particolarmente impresso per la solidarietà e l'amore che abbiamo dimostrato l'un l'altro. Arrivati dall'altro lato, abbiamo visto le luci del porto. Vedevamo l'acqua entrare. Ci abbracciavamo per non scivolare. Non sapevamo cosa fare. Cercavamo le scialuppe, tanti musicisti si sono salvati salendo in quelle per i passeggeri, che per noi, però, erano vietate. A un certo punto, abbiamo poi sentito un altro rumore fortissimo di acciaio, di ferro, uno scossone: la nave si è piegata ancora di più. A quel punto tanti hanno scavalcato la balconata e si sono buttati in mare. Lo scoglio di fronte era a circa 200 metri".
Lei come si è salvato?
"Anche io mi sono buttato in mare (da un'altezza di circa cinque metri). Mentre nuotavo, ho visto una zattera, ma non sono riuscito a salire. Il mare non era calmo, ma neanche mosso, c'era il chiarore della luna. Mi dicevo: 'Devo raggiungere lo scoglio e salvarmi. Devo stare calmo e nuotare piano'. In quel momento, mi sono venute in mente diverse melodie che avevo suonato quella sera stessa nella hall, tra cui la Rhapsody In Blue di Gershwin. Pazzesco. Ho nuotato per circa 15-20 minuti. Ogni tanto mi giravo incredulo a guardare quell'enorme nave adagiata sul mare. Raggiunto lo scoglio - dove per salire mi sono strappato i pantaloni - ho trovato altre persone. Ci siamo abbracciati per riscaldarci. Poi sono arrivati alcuni abitanti del Giglio. Con le lampadine tascabili ci hanno condotto verso un sentiero e successivamente 'smistato' a scuola, in chiesa e in un alberghetto. Io sono capitato in quest'ultimo. Non abbiamo dormito nulla. Eravamo tutti esterrefatti. L'indomani, Costa Crociere ci ha portato con un traghetto a Grosseto, siamo stati due giorni in un albergo e poi siamo tornati a casa".
C'è stato un momento in cui ha pensato di morire?
"Mai. Anche quando la scialuppa non arrivava, ero convinto di riuscire a salvarmi. Mentre nuotavo avevo paura di non farcela per mancanza di fiato, ma non mi sono arreso. Ho mantenuto la calma".
In quei momenti le è venuto in mente il Titanic?
"No, assolutamente. Pensavo solo a salvarmi e a chiedermi cosa fosse successo".
Poi quando ha saputo com'è andata come l'ha presa?
"Ho pensato: 'Non può succedere un fatto del genere, come è possibile nel 2012?' Ero shockato".
E di Schettino cos'ha pensato?
"Il fatto di scendere dalla nave prima dei passeggeri non lo trovo giusto. Non doveva succedere".
Dopo quanto ha lavorato nuovamente su una nave? Ha avuto paura?
"Dal 2000, cioè da quando ho iniziato a lavorare sulle navi, ogni anno, nel periodo invernale, trascorrevo tre mesi a bordo. Dopo la Concordia, ho fatto uno stop di tre anni, anche se non per paura. Poi, nel 2015, mi sono imbarcato di nuovo con la Costa Fascinosa".
Che sensazione ha avuto quando è salito?
"Di rinascita".
Tra l'altro, proprio nel 2015, lei è "sopravvissuto" anche a un'altra tragedia, quella al museo del Bardo di Tunisi…
"Sì. Ero al porto di Tunisi con altri musicisti quando abbiamo scoperto che dei terroristi stavano sparando al museo. Siamo tornati subito in nave. A bordo, per due giorni, non si è svolto nessun tipo di attività ricreativa. Sono stati momenti brutti. Mi è venuto in mente il periodo di dolore e lutto della Concordia. Alcuni hanno anche annullato la crociera".
Quanto ha pesato e pesa ancora nella sua vita la tragedia della Concordia?
"È come un sogno, un film, vissuto, passato, ma sempre vivo dentro di me. Mi ha dato l'opportunità di apprezzare ancora di più la vita. Inizialmente, il pensiero era costante. Ora, ogni tanto mi viene in mente, però con la consapevolezza di avercela fatta".
Com'è la sua vita dieci anni dopo?
"Ancora più 'ricca' di prima. Ho smesso di suonare sulle navi sei anni fa. Adesso lavoro in Sicilia. Durante il lockdown, ho anche creato un mio cd ('Waves')".
A proposito di musica, parliamo dell'incontro con la passeggera sopravvissuta Justine Pelmelay, con cui ha composto una canzone sulla Concordia.
"Il 13 gennaio 2012, una passeggera olandese, Justine, mi aveva fermato chiedendomi di farle cantare qualche brano. Così, quella sera, intorno alle 20.30, le ho dato il microfono. Prima che andasse a cena, alle 21, le ho lasciato il mio biglietto da visita e le ho detto di tornare dopo per cantare ancora. Poi il naufragio e di Justine non ho più saputo nulla. Dopo un paio di giorni, mi ha chiamato, dicendomi che era in Olanda e che si era salvata salendo su una scialuppa. Sono scoppiato a piangere. Mi ha poi inviato un brano sulla Concordia che aveva composto in olandese, invitandomi a scriverne uno in italiano. Ho affidato il testo a mia figlia. Successivamente, sono andato in Olanda e abbiamo registrato "Il tempo si è fermato", che è diventata un po' la canzone simbolo della Concordia".