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Pitti Reflections, ecco il tema dei saloni invernali: "Andare oltre l’immagine"  

Gli allestimenti curati da Angelo Figus invitano a specchiarsi e riflettere alla ricerca di ciò che non è ancora stato svelato in noi stessi e nel mondo che ci circonda

Ufficio stampa

Un gioco di specchi che raddoppia, sdoppia, somma, amplifica e suggerisce angolazioni e punti di vista differenti. Lo specchio come realtà vista in altro modo. E' questo Pitti Reflections, il tema dei saloni invernali di Pitti Immagine nella campagna pubblicitaria firmata dal duo Narènte (Lucio Aru e Franco Erre). Tanti specchi, dunque, per aprire nuovi spazi, e modi di guardare e guardarsi, nei percorsi espositivi. Pitti Reflections vestirà la Fortezza dal Basso e la Stazione Leopolda di Firenze, negli allestimenti curati da Alessandro Moradei sotto la direzione creativa di Angelo Figus.

Lo specchio come tema del doppio – Le suggestioni inseguite negli scatti e nei video di Narènte riguardano lo specchio come tema del doppio, del riconoscersi, dell’identità propria e altrui, segno contraddittorio che racconta la realtà ma che è, al tempo stesso, inganno, illusione, alterazione, vanità, narcisismo, voyeurismo ed evasione. Pitti Reflections, infatti, come spiegato dal creative director Angelo Figus, significa riflessioni ma anche riflessi, interiori ed esteriori: sono finestre che si aprono, squarci che portano dentro e fanno guardare lontano, persino oltre le aspettative.

Nuove finestre su mondi riflessi – L'immagine riflessa si compone e scompone suggerendo molteplici visioni, con quella capacità di deformare e illudere tipica degli specchi dei luna park. "Vogliamo aprire nuove finestre su mondi riflessi, giocare a scambiare il reale con il virtuale, rovesciare il cielo e la terra, offrire una visione cinetica dell’essere a Firenze", ha detto Angelo Figus. Le immagini che ci restano spesso sono casuali e ci rimandano le superfici specchianti delle realtà urbane, come vetrine che lanciano interrogativi su come noi vediamo noi stessi e su come gli altri ci vedono. Perché l’immagine reale e quella mentale quasi mai sono gemelle.

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