fino al 27 febbraio

Le sculture di Francesco Messina in mostra a Vercelli

Pensata per celebrare i 120 anni della nascita dello scultore, l'esposizione raccoglie ben 120opere tra cui molti ritratti di amici e colleghi

"Ho affondato le radici nello studio degli antichi, ho sezionato cadaveri di uomini e di animali per impadronirmi della grammatica delle forme. Ho disegnato migliaia di nudi per scoprire i movimenti che determinano l'architettura plastica di una statua e che sognavo mi portassero a quella musica formale che non m'illudo di avere mai raggiunto. Ho assaggiato quasi tutte le materie: la creta, il marmo, la pietra, il legno, il bronzo, per immedesimarmi nei loro suggerimenti molecolari. […] Il dubbio di aver sbagliato tutto viene a turbarmi inesorabilmente. Ecco perché tutti i giorni riprendo la fatica di Sisifo". Così Francesco Messina (Linguaglossa, Catania 1900 – Milano 1995), tra i maggiori interpreti della scultura del Novecento, si raccontava nel lontano 1974 (Poveri giorni, Rusconi, Milano).

E a testimoniare la forza e la grandezza della sua scultura ci pensano oggi uno Studio-Museo a lui dedicato all'interno della chiesa sconsacrata di San Sisto al Carrobbio a Milano e, fino al 27 febbraio 2022, una nutrita mostra, allestita a Vercelli in tre diverse sedi: ARCA, Palazzo Arcivescovile ed ex Chiesa di San Vittore.

Pensata per celebrare i 120 anni della nascita dello scultore, l'esposizione vercellese raccoglie ben 120 opere tra cui molti ritratti di amici e colleghi – memorabili, tra i tanti, quelli di Lucio Fontana, Salvatore Quasimodo, Riccardo Bacchelli, Alfonso Gatto, Arturo Tosi, Eugenio D’Ors – e di figure femminili, in particolare danzatrici, tra le quali spiccano i ritratti di Carla Fracci, Luciana Savignano e Aida Accolla.
 

Tra le opere presenti negli spazi dell'ARCA una generosa sezione è dedicata ai cavalli, uno dei soggetti più amati dal Maestro, che è noto anche per aver modellato nel 1966 il grande cavallo di bronzo che oggi sorveglia l’ingresso del Palazzo della Rai a Roma. Si tratta, come lui stesso ricordava, di uno stallone ferito a morte in una battaglia d'amore che "accasciato e già immoto nel treno posteriore, tenta di puntellarsi sulle gambe anteriori e lancia l’ultimo nitrito". Una variazione di questo stallone, ma sdraiato e con il ventre all'aria, la troviamo a Catania, in piazza Galatea.

Nell'ex chiesa di San Vittore e nel Palazzo Arcivescovile di Vercelli trovano invece posto per l'occasione le opere di carattere religioso, come uno dei bozzetti in bronzo della grande statua di Pio XII in San Pietro, quello di San Filippo Neri in Sant'Eugenio a Valle Giulia e l'Adamo e Eva del 1956, stretti uno all'altra e fragili pur nella maestosa possanza dei corpi. Da segnalare sono anche il Giobbe del 1934, ignudo e inginocchiato, con l'umile corda che gli cinge i fianchi e un sasso sotto il ginocchio ad accentuare il senso del martirio e il precario equilibrio della vita, e il busto del Cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (1941), colto in un momento di raccoglimento, gli occhi chiusi, curvo sotto il peso della veste e dell’arduo compito terreno.

Tra i marmi degli anni Trenta c'è anche lei, Bianca (Fochessati Clerici), l'amore di una vita (che sposerà solo nel 1944) e musa ispiratrice, donna colta e dal volto enigmatico che, come faceva notare Piero Torriani, "s'innalza con l’esile perfezione di un fiore". Francesco e Bianca si erano conosciuti in Liguria negli anni Venti, sotto le volte dei carruggi o sulla spiaggia, dove lei si pettinava i lunghissimi capelli biondi. Del loro amore era stato testimone Eugenio Montale che su piccoli fogli di quaderno, aveva regalato a Bianca la prima stesura di Ossi di seppia. Bianca capiva le fatiche dell'arte perché aveva frequentato l’Accademia di Belle Arti a Bologna, insieme a Giorgio Morandi, mentre Francesco si era formato nello studio di Giovanni Scanzi a Genova, la città che lo aveva accolto da infante e dove visse fino a quando si trasferì a Milano (1932) per diventare prima professore di scultura a Brera e poi direttore della prestigiosa istituzione.

A guardare la mostra restano sempre valide le parole che gli dedicò De Chirico nel 1938: "Quello che cerca soprattutto Francesco Messina nella sua scultura è di raggiungere la bellezza dell’aspetto plastico con le forme giuste e finite; la finezza del modellato, il carattere risultante dall’osservazione acuta e dalla lunga elaborazione; il tutto unito ad eleganza e buon gusto; questi due fattori sono indispensabili ad ogni vero artista... A forza di lavoro, di polimento della forma, di acutezza plastica d'ogni angolo della scultura, le statue di Francesco Messina nascono come creazioni piacevoli a guardarsi, a toccarsi, a fiutarsi; hanno infatti anche un «buon odore»".

FRANCESCO MESSINA. PRODIGI DI BELLEZZA
120 opere a 120 anni dalla nascita
Vercelli, Arca, Palazzo Arcivescovile ed Ex Chiesa Di San Vittore

19 dicembre 2021 – 27 febbraio 2022