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Occupazioni scolastiche, coinvolto uno studente su dieci: l’ombra della pandemia sul malcontento degli studenti

Per la scuola è stato un autunno particolarmente “caldo”, forse anche per la convivenza con la pandemia e le sue regole

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Gli studenti italiani sono stati gli assoluti protagonisti di quest'ultima parte dell'anno. Non solo per i fari puntati sulla scuola, a causa della pandemia. L’autunno, infatti, come forse mai in passato è stato caratterizzato da una valanga di proteste. Anche nei singoli istituti, andando ben oltre le manifestazioni di piazza generali. Da settembre a oggi, ad esempio, solo a Roma, si sono registrate più di 40 scuole occupate. Un trend che, però, ha preso piede in tutta la Penisola. Basta vedere i risultati di un’indagine condotta in queste settimane dal portale Skuola.net - costruita interpellando 2.200 studenti delle superiori - per comprendere la dimensione del fenomeno: circa 1 su 10 conferma che nel proprio istituto è andata in scena un’occupazione; altrettanti (11%) hanno raccontato di una più conciliante autogestione.

Occupazioni: per molti sono state una novità

Non solo, per quasi la metà degli “occupanti” (46%) si è trattato di una “prima volta”, visto che in passato mai avevano assistito a una protesta così strutturata nella propria scuola. A riprova del boom del malcontento, avvalorato anche dalle dichiarazioni pubbliche dei rappresentanti dei presidi, secondo cui non ci sono mai state così tante occupazioni come quest'anno.

Poche le scuole risparmiate dalla protesta

Ai più riottosi, poi, si aggiungono anche quegli studenti che si sono fermati a una protesta più morbida: quasi 3 su 10 dicono che nella propria scuola si è “solo” dibattuto dei vari problemi tramite assemblee, riunioni, lettere aperte, sit-in. E molti di più si sarebbero potuti aggregare, se le scuole non avessero bloccato sul nascere ogni forma di dissenso concreto: è capitato all’8% degli alunni. Resta il fatto che, tirando le somme, meno di 1 studente 2 - per la precisione il 45% - non è stato minimamente sfiorato dall’ondata delle proteste, a prescindere dal fatto che sia poi effettivamente andato in scena qualcosa oppure no.

Largo appoggio alla mobilitazione

E chi pensa che la maggior parte delle ragazze e dei ragazzi sia ostaggio di una sparuta schiera di ribelli, si sbaglia di grosso. Più di 8 studenti su 10, infatti, appoggiano la mobilitazione scolastica. Anche se poi, laddove qualcosa c’è stato, solo il 45% ha partecipato attivamente a una delle varie forme che ha assunto la protesta. 

Le ragioni del malcontento

Ma su cosa si sono basate occupazioni, autogestioni e assemblee? Tra i temi al centro del dibattito, spicca sicuramente la questione “servizi” (lo riporta il 28%). Perché la pandemia, con la necessità di introdurre nella quotidianità scolastica delle misure per evitare la circolazione del virus, a detta degli studenti (e non solo di loro) ha ulteriormente accentuato le carenze dei nostri istituti. Alcuni esempi? In molte scuole, non essendoci un sistema di aerazione automatico, per far cambiare costantemente aria si lasciano le finestre aperte anche in inverno, col risultato che le aule sono ancora più gelide; non tutti gli istituti, poi, forniscono regolarmente le mascherine agli alunni e saponi e gel igienizzanti sono spesso merce rara.

I nuovi problemi si aggiungono a quelli di sempre

Il Covid, però, sembrerebbe essere solo la punta dell'iceberg, visto che un terzo degli studenti ha protestato o occupato per motivazioni già esistenti prima dell’emergenza. Come le criticità strutturali, l’edilizia scolastica, tema non a caso affrontato nel 15% delle proteste. Pure le questioni di politica generale, comunque, interessano molto (15%). Prima, però, vengono i problemi connessi alla didattica (organizzazione, programmi, voti, atteggiamento dei docenti), messi all’ordine del giorno nel 17% dei casi. Uno degli argomenti caldi di questo autunno è stato, ad esempio, quello degli “ingressi scaglionati” in due turni, con i relativi disagi per gli studenti che, entrando più tardi, necessariamente hanno dovuto posticipare anche di molto il rientro a casa. Senza poi contare tutto ciò che riguarda le difficoltà didattiche di chi negli ultimi anni ha dovuto frequentare la scuola “a intermittenza”: di sicuro la Dad prolungata ha lasciato profonde ferite sul tessuto delle nostre scuole superiori.

“Come già affermato varie volte dai rappresentanti dei dirigenti scolastici, da anni non si vedevano così tante scuole coinvolte nelle proteste studentesche” commenta Daniele Grassucci, Direttore di Skuola.net. “I motivi del malcontento sono sotto gli occhi di tutti. In primis condizioni ambientali carenti, ovvero aule troppo fredde anche a causa del ricambio d’aria richiesto per fronteggiare il virus, oppure troppo sporche. Insieme a grandi classici come l’edilizia scolastica o l’organizzazione didattica, quest’anno resa ancor più complessa dai turni, adottati soprattutto nelle grandi città, che costringono gli alunni a rientrare a casa molto tardi e a rinunciare spesso alle attività del pomeriggio”. 

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