Covid, allarme dell'Inapp: per una donna su due ripresa precaria e part-time
Secondo i dati presentati dall'istituto si ampliano i gap di genere nell'occupazione e nella retribuzione. Quasi il 50% di tutti i contratti femminili è a tempo parziale, contro il 26,6% degli uomini
Il post pandemia è all'insegna della precarietà e della discontinuità occupazionale per le donne: sono a tempo indeterminato solo il 14% dei nuovi contratti e solo il 38% delle stabilizzazioni da altre forme contrattuali. Il 49,6% di tutti i contratti femminili, inoltre, è a tempo parziale, contro il 26,6% degli uomini. È la fotografia della ripresa nel 2021 nel "Gender Policies Report" elaborato dall'Inapp (Istituto Nazionale per l'Analisi delle Politiche Pubbliche).
"In questo anno e mezzo di pandemia le donne hanno dovuto affrontare uno stress test particolare dovendo moltiplicare gli sforzi e spesso trovandosi di fronte al bivio di scegliere tra lavoro e famiglia - ha spiegato Sebastiano Fadda, presidente dell'Inapp - L'aumento delle diseguaglianze di genere è cresciuto e parte da un dato strutturale dell'occupazione che vede al 67,8% il tasso di occupazione degli uomini e al 49,5% quello delle donne".
I contratti - Andando ad esaminare il rapporto, si evidenzia come nel primo semestre del 2021 i nuovi contratti attivati sono più di 3 milioni di cui 2 milioni a uomini e 1,3 milioni, (ossia il 39,6% del totale) a donne. Il 35,5% sono rivolti a giovani under 30, mentre oltre il 45% si colloca tra i 30 e i 50 anni senza rilevanti differenze di genere. Prevalgono per entrambi le forme contrattuali a termine, ma l'incidenza della precarietà per le donne è maggiore, con un ruolo prevalente della piccola impresa fino a 15 dipendenti.
Cosa succede nelle varie regioni - La ripresa inoltre non avviene alla stessa velocità e con lo stesso modello in tutte le regioni italiane. Dato comune è che in tutte le regioni i contratti stipulati a donne sono sempre inferiori a quelli degli uomini: le donne sono un terzo del totale in Basilicata, Sicilia e Calabria. Sono sotto il 40% in Calabria, Molise, Puglia, Lombardia, Abruzzo e Lazio; tutte le altre si collocano tra il 41% e il 46,5%. L' incidenza più elevata viene registrata in Trentino Alto Adige. Per quanto riguarda la nuova occupazione, con oltre 100mila contratti a donne si collocano Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Veneto; dalle 50mila alle 100mila attivazioni Toscana, Piemonte, Campania, Puglia e Sicilia; dai 15mila ai 99mila contratti a donne: Trentino A. Adige, Marche, Sardegna, Liguria, Abruzzo, Friuli, Calabria e Umbria. Al di sotto delle 15mila attivazioni sono Basilicata, Valle d'Aosta e Molise.
La sorpresa del Mezzogiorno - Pur a fronte di un numero di attivazioni al di sotto delle 80mila unità, il Sud presenta un'incidenza del tempo indeterminato superiore alla media nazionale e superiore a quella di diverse regioni del Centro nord. Meno contratti e più stabili testimonierebbe il caso della Campania ad esempio con oltre 75mila contratti e il 21,4% a tempo indeterminato. O la Sicilia con più di 59mila contratti di cui il 17,7% a tempo indeterminato. Chiude la Calabria, in cui i più di 20mila contratti presentano una quota stabile del 18%.
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