Fine vita, quindici anni fa la morte di Piergiorgio Welby: avviò la lotta per il suicidio assistito
Il 20 dicembre 2006 l'attivista e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni colpito da distrofia muscolare chiese al medico Mario Riccio di staccare il respiratore
Poter decidere quando terminare "con dignità" la propria vita devastata da una malattia irreversibile e sofferenze insostenibili. Il primo a porre questa richiesta, chiamando in causa le istituzioni, fu Piergiorgio Welby, attivista e co-presidente dell'Associazione Luca Coscioni colpito da distrofia muscolare. Quindici anni fa, il 20 dicembre 2006, Welby chiese al medico Mario Riccio di staccare il respiratore che lo teneva in vita. Dopo di lui, tanti sono stati i casi che hanno scosso le coscienze ma per arrivare all'approdo in Parlamento di una normativa che regolamentasse il suicidio assistito si è dovuto attendere sino alla scorsa settimana. La legge, tuttavia, resta per ora al palo.
Quel 20 dicembre del 2016 - Dopo aver scritto all'allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano una lettera in cui chiedeva l'eutanasia, nel 2006 Welby vide rifiutata la sua richiesta dal tribunale di Roma che la respinse dichiarandola "inammissibile" a causa del vuoto legislativo su questa materia.
Pochi giorni dopo, Welby chiese a Riccio - che venne poi assolto dall'accusa di omicidio del consenziente - di porre fine al suo calvario staccando il respiratore sotto sedazione.
Dopo di lui, un filo rosso ha legato tanti volti alla battaglia per la "fine dignitosa", da Giovanni Nuvoli a Eluana Englaro e Dj Fabo (Fabiano Antoniani), morto in Svizzera nel 2017 nella struttura dove si era recato accompagnato da Marco Cappato dell'Associazione Coscioni per ottenere il suicidio assistito.
Fine vita, i casi italiani
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