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Socotra diventa patrimonio Unesco

Un viaggio nell’isola yemenita

Socotra in portoghese, Suqutrah in arabo, Pa-Anch (‘Casa della felicità’) in sanscrito, comunque la si chiami la piccola isola posta nel golfo di Aden nel 2008 è stata promossa fra i patrimoni Unesco. Entrata nel circuito del turismo internazionale da una manciata di anni, non gode certo di grande fama ed è elitaria quanto il Paese cui appartiene. Ma sono i pregi che le hanno consentito la promozione.
Fino alla fine degli anni Novanta, infatti, era possibile accedervi solo sulla scorta di missioni di ricerca, un limite oggi superato dall’apertura al turismo, ma di fatto mantenuto dagli stretti vincoli ambientali che non consentono grande sviluppo di strutture, e dalla difficoltà di vita sull’isola, dotata comunque di risorse esigue e difficilmente raggiungibile in alcuni periodi dell’anno.
L’Unesco è intervenuta per tutelare una biodiversità notevole e un ambiente rimasto in gran parte selvaggio, senza contaminazioni eccessive da parte dell’uomo.
Punto di unione fra caratteri propri del mar Rosso e contemporaneamente dell’oceano Indiano, fra la cultura araba, quella africana (le coste somale sono a 250 km, quelle dello Yemen a 350 km) e quella hindu, Socotra è in effetti un unicum: 900 specie vegetali classificate, di cui 300 endemiche, 27 rettili, di cui 24 endemici, 190 uccelli, di cui 6 endemici. Gli scatti più celebri ritraggono le coste selvagge con i rari esemplari di albero bottiglia (Adenium obesum subsp. Socotranum) dai fiori rosa, una specie tipicamente africana.
Il territorio è prevalentemente roccioso, con le montagne dello Hajier a nord (1500 m) che fermano le piogge al centro-sud, più verde, mentre il nord-ovest rimane asciutto e più desertico. Le coste sono pianeggianti con lunghi arenili deserti, il mare offre tratti per interessanti immersioni che mostrano flora e fauna tipiche del mar Rosso e dell’oceano Indiano. Le stagioni del monsone dominano la vita e il tempo: asciutto da ottobre a maggio per i venti di nord-est, umido da giugno a settembre per quelli di sud-ovest, con forti venti da maggio a settembre che rendono pressoché impossibili i collegamenti.

L’isola conta circa 44.000 abitanti, un miscuglio di hindu, somali e arabi che parlano il socotro, un’antica lingua preislamica, quasi tutti concentrati nella capitale, Hadibu, il fulcro dell’economia locale e delle attività amministrative. Hadibu è anche il centro principale in cui poter soggiornare e trovare qualche ristorante. Le strutture sono sempre spartane, lontani anni luce i resort del lusso e dell’all inclusive, spesso manca l’acque calda, ma non esiste lo stridore che altrove rende il turismo una bolla anacronistica rispetto alla realtà del paese. Altri piccoli villaggi sono disseminati lungo la costa, ma l’impressione complessiva è il dominio del paesaggio e di ampie distese incontaminate. Anche la fragile economia locale è totalmente sottomessa ai ritmi naturali: la pesca si ferma durante i forti venti, costringendo gli abitanti a spostarsi nell’entroterra e a vivere di raccolta di datteri, allevamento e di piccoli commerci.
Gran parte del territorio è protetto e tutelato anche da aree inscritte in parchi (Wadi Ayhaft National Park, Qalansiyah and Ditwah Protected Area, Khor Quryah National Reserve), tuttavia l’isola non è esente da gravi problemi di disboscamento per l’eccessivo sfruttamento del legname da parte degli abitanti che lo impiegano a vario titolo nell’edilizia, nella pesca e da ardere.
Anche le capre introdotte per sostenere l’alimentazione poco varia stanno contribuendo a consumare in modo irreparabile il manto arbustifero ed erboso. Qui come altrove di fatto sono le rimesse degli emigranti la vera fonte di sostentamento delle famiglie locali.
Poco distanti dalla più estesa Socotra, si trovano la piccola isola di Samha (10x5 km), abitata da un centinaio di persone e raggiungibile in barca da Qualansiya, Abd Al-Kuri (25x5 km) con circa 300 abitanti e la disabitata Darsa, oltre a due scogli rocciosi, tutti parte dell’arcipelago e di solito mete di escursione giornaliera da Socotra.
Avvistata dai portoghesi ai primi del XVI secolo, Socotra legò ben presto il suo destino ai regni arabi del sud, quindi al breve protettorato inglese di Aden del XIX secolo. Qualche vestigia della storia è rimasta anche qui, mura antiche e templi, ma sono solo fragili e rari frammenti che si perdono nel paesaggio. Per vivere e conoscere l’isola occorre munirsi di fuori strada (4x4 meglio se con autista) e affrontare il tour attraverso l’unica strada che la attraversa, fermandosi lungo la costa per fare snorkelling e immersioni, e avventurandosi nell’entroterra per il birdwatching.

NOTIZIE UTILI
I collegamenti da e per Socotra si effettuano in aereo e nave. Da ottobre a marzo/aprile, voli regolari dalla capitale San’a, da Aden e da Al-Mukalla (Riyan). Da maggio a settembre, i forti venti possono impedire decolli e atterraggi. L’aeroporto si trova a pochi chilometri da Hadibu, pungo la costa settentrionale.
In alternativa navi merci (no passeggeri) partono da Al-Mukalla e da altri porti della costa meridionale dello Yemen e possono ospitare passeggeri. Nel periodo dei venti, anch’esse subiscono ritardi e variazioni nei tempi.
L’escursione alle isole vicine è da programmare sul posto affidandosi ai pescatori che vivono nei centri del sud, ad esempio a Sitayru.
Si trovano guest-house e alberghetti a Hadibu ed è possibile campeggiare. Piccoli ristoranti sono solo a Hadibu, negli altri villaggi l’ospitalità va chiesta alle case private. Tutte le strutture sono semplici e spartane, spesso senza acqua calda. Nelle ore notturne e serali manca la luce in gran parte dell’isola.


Per Socotra e tutte le località di questo splendido paese, consigliamo di volare Yemenia Airways