A otto mesi dal ricovero per Covid, Patrik Berzi, triestino di 46 anni, continua a fare i conti con le conseguenze del virus. E' ancora in convalescenza, fa fatica a camminare, si muove in sedia a rotelle o con le stampelle, non ha più sensibilità su gran parte delle mani e delle gambe. "Non ho mai patito tanto in vita mia. Eppure, prima di ammalarmi ero scettico sul vaccino e pensavo che questo virus fosse una semplice influenza, ma adesso, se qualcuno mi parla senza mascherina, lo mando a quel paese e a chi non vuole vaccinarsi racconto la mia storia per capire quanto sia importante immunizzarsi. Io mi sono vaccinato pochi giorni fa", spiega Berzi al Corriere della Sera.
Ora Berzi, che è stato in coma per 25 giorni e ha trascorso tre mesi e mezzo allettato, cerca di convincere i suoi compaesani no vax a fare il vaccino. L'uomo vive, infatti, in un zona rurale alle porte di Trieste, dove gli abitanti sono convinti "per chi sta in mezzo alla natura, lontano dagli assembramenti cittadini, il vaccino non sia necessario".
"A causa delle calcificazioni dovute all'allettamento dovrò mettere delle protesi alle anche. Non posso più guidare, non vado più in bici e nemmeno in moto, la mia grande passione. In più vedo e ricordo poco, per non parlare del fatto che ho una scarsa concentrazione. Gestisco da casa la mia struttura di affittacamere, ma non riesco a lavorare più di tanto. Ma questi miei racconti non bastano: molte persone no vax sono convinte che io mi sia ammalato così gravemente perché sono stato sfortunato e che è colpa dei medici che mi hanno curato male", conclude l'uomo.