Auto Elettrica, lʼAnfia contro Elkann sullo stop ai motori termici
Cautela, riflessione e anche preoccupazione. Lʼuscita di John Elkann sullo stop in Italia dal 2035 alla produzione di auto a combustione non è piaciuta a tutti
Cautela, riflessione e anche preoccupazione. Lʼuscita di John Elkann sullo stop in Italia dal 2035 alla produzione di auto a combustione non è piaciuta alla filiera produttiva italiana. Alle critiche dei sindacati, che temono ripercussioni sui posti di lavoro, si aggiungono infatti quelle di Confindustria, con il Presidente Bonomi che sottolinea il rischio di “chiudere interi pezzi di filiera” del settore auto in Italia.
A far sentire la propria voce è lʼ Anfia ‒ lʼAssociazione Nazionale dei costruttori italiani auto ‒ che esprime forte preoccupazione sullo stop per i motori a combustione termica (benzina e diesel). LʼAnfia è un organismo imprenditoriale, rappresenta le aziende che producono autoveicoli ma anche quelle dellʼindotto, e la “vecchia” Fiat italiana, sebbene uscita da Confindustria allʼepoca di Marchionne, rientra pienamente fra queste aziende, forte anzi della sua posizione dominante. “ A nome di tutte le imprese della filiera, degli imprenditori italiani e dei lavoratori del settore automotive ‒ afferma lʼAnfia in un comunicato ‒ auspichiamo un ripensamento o comunque un chiarimento”.
I rischi sono noti: il passaggio dallʼauto a motore termico allʼauto elettrica coinvolge totalmente il processo produttivo. Gli stabilimenti vanno ammodernati, i lavoratori vanno formati, le aziende dellʼindotto hanno bisogno di prepararsi e nuove realtà industriali nasceranno (si pensi alle gigafactory). La transizione energetica rischia un salasso di posti di lavoro (70.000 secondo alcune stime) e investimenti pregressi gettati al macero se si passasse in maniera frettolosa alla mobilità completamente elettrica. Al governo Draghi, quindi, il compito di dare certezze alla filiera e definire al più presto la road map per questa transizione, che coinvolge non solo lʼambiente, ma anche le fabbriche, i lavoratori e la società nel suo complesso.
Dal canto suo Elkann, presidente Stellantis, non ha fatto altro che rimarcare in unʼintervista quanto già annunciato dal gruppo: entro 10 anni il 70% delle vendite Stellantis riguarderà vetture elettriche, e nel settore il colosso franco-italiano-statunitense investirà 30 miliardi di euro. Risorse ingenti, non corrisposte dal lato pubblico, visto che la legge di bilancio 2022 prevede un fondo di soli 150 milioni per la riconversione elettrica del settore auto, ma è solo il finanziamento di un anno. Il timore è che negli anni a venire la transizione energetica in Italia assorbirà molte delle risorse del PNRR e delle casse dello Stato italiano.
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