I capi e gli accessori di vestiario sono uno dei regali più gettonati in occasione delle Feste natalizie: sono utili, piacevoli da ricevere e molto glam. Eppure, acquistando un abito o un paio di scarpe per noi stessi o per farne un dono, la nostra mente dovrebbe soffermarsi un momento a considerare l’impronta che quel singolo oggetto ha sull’ambiente. Non tutti infatti sanno che la metà dei capi di vestiario che abbiamo nel nostro armadio contiene materie plastiche come poliestere, nylon ed elastan, il cui smaltimento richiede anni e ha un impatto notevole sulla salute dei mari. Per fortuna ci sono materiali più eco compatibili che possiamo privilegiare nel nostro prossimo shopping di moda.
PLASTICA NELL’ARMADIO - Quando pensiamo alla necessità di combattere il proliferare della plastica, il pensiero corre subito ai sacchetti della spesa, agli imballaggi o a piatti e stoviglie usa e getta. Eppure, la plastica si annida in modo subdolo anche nel nostro armadio: un sondaggio britannico, del quale riferisce la BBC, ha preso in considerazione 10mila prodotti indossati quotidianamente dai sudditi di Sua Maestà, e ha constatato che il 49%, praticamente 1 su 2, è interamente realizzato in poliestere, acrilico, nylon ed elastan. Si tratta di fibre sintetiche versatili, durevoli e poco costose, ma che richiedono notevoli quantità di energia per essere prodotte, sono difficili da smaltire e contribuiscono in maniera significativa al rilascio di microplastiche nell’acqua, nell’aria e, di conseguenza, anche nel nostro organismo.FASHION STYLE – Alla poca sostenibilità ambientale di questi materiali si assomma un altro dato negativo, proveniente stavolta dai nostri stili di consumo: la filosofia della Fast Fashion e la “throw away culture” ci propone capi a prezzi accessibili e fatti per essere sostituiti spesso, senza che neppure arrivino a presentare segni di usura. Purtroppo, alla rapida rotazione dei capi non si accompagna una altrettanto veloce degradazione e smaltimento dei tessuti di cui sono fatti: in più, molti materiali utilizzati nell’industria tessile non possono essere ulteriormente riciclati, ma raggiungono, per così dire, la fine del loro ciclo di vita.
LE ALTERNATIVE – Ecco allora alcuni materiali su cui puntare, per quanto possibile, per un armadio eco friendly:
La juta: è un materiale considerato povero, ma sempre più in voga: oltre ad essere bello e versatile per molti utilizzi, si ricava da una pianta in grado di assorbire 15 tonnellate di anidride carbonica e rilasciarne 11 di ossigeno in una sola stagione, aiutando a ripulire l’aria.
Il lino: un materiale comodo, versatile e soprattutto biodegradabile composto per il 70% da cellulosa.
La pelle: come spiega Annalisa De Piano, co-fondatrice di Be Green Tannery, conceria orientata alla sostenibilità, “spesso alla pelle vengono attribuite molte responsabilità, dall’etica derivante dall’utilizzo di animali, alla non sostenibilità degli allevamenti, fino all’inquinamento delle industrie conciarie; in realtà non è affatto così. Il settore conciario è il primo anello di un'economia circolare che recupera il pellame, prodotto di scarto dell'industria alimentare". Molto più inquinante è invece la similpelle, nota anche pelle PU, la cui lavorazione richiede grandi quantità di energia, acqua e prodotti chimici: non confondiamola con l’ecopelle, materiale naturale lavorato con tecniche a basso impatto sull’ambiente e quindi sostenibili.
I prodotti che imitano la natura: per evitare le materie plastiche, esistono materiali che, ispirandosi alle foglie di loto, permettono di realizzare capi idrorepellenti; un altro materiale utile è il Lyocell: una fibra tessile artificiale estratta dalla cellulosa della pianta di eucalipto. Attenzione però a scegliere un prodotto proveniente da aziende certificate perché la creazione del Lyocell richiede molta acqua e molte sostanze chimiche: servono quindi garanzie di trasparenza e tracciabilità dei processi.
Coloranti naturali: come ricorda il Financial Times, molti stilisti stanno riscoprendo i coloranti vegetali per tingere i tessuti, così come si faceva fino a metà del XIX secolo, secondo metodi meno inquinanti;
I denti di seppia: i ricercatori della Penn State University hanno scoperto il potenziale di questa parte del mollusco che, grazie alle proteine che la compongono, può essere utilizzata per generare fibre simili alla seta. Queste proteine hanno anche un potenziale curativo, per cui sarà presto possibile utilizzarle come cicatrizzanti.
Il caffè: come riporta la versione inglese di Fashion United, una creativa startup finlandese è riuscita a realizzare scarpe da tennis utilizzando i fondi del caffè. Per un paio di scarpe occorrono l’equivalente di 21 tazze di bevanda.
Il cupro: è una fibra ottenuta dalla lavorazione di un sottoprodotto del cotone, realizzata fin dalla fine dell’Ottocento. Un tempo richiedeva procedure molto inquinanti, ma oggi il sistema è trasparente e interamente tracciabile e sostenibile. Il cupro ha una elevata igroscopicità, è traspirante e antistatico.
La canna da zucchero: può essere utilizzata per la creazione di fibre tessili e persino, negli ultimi tempi, è stata utilizzata da un’industria di Taiwan per la produzione di mascherine e di altri dispositivi di protezione individuale.