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Censis 2021, gli studenti “bambini sperduti” della pandemia: per otto presidi su dieci disagi esistenziali sempre più diffusi

Quasi il 77% vede i ragazzi senza possibilità di fare reali progetti sul loro domani. Colpa di questo anno difficile, ma la Dad non è la causa di tutti i mali

Ansa

Sono stati anni difficili per tutti. Ma per i ragazzi ancora di più: bambini e adolescenti che dall’oggi al domani si sono trovati a fare i conti con un mondo nuovo che ha tolto loro socialità, piccole abitudini e sogni per il futuro. A confermarlo gli ultimi dati del 55° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese 2021, che analizza in lungo e in largo la popolazione in diversi aspetti del quotidiano, con una grande protagonista trasversale che non solo ha mutato il nostro modo di vivere, ma anche i pensieri e i comportamenti: la pandemia. Nel capitolo dedicato ai “Processi formativi” - riassunto nei suoi dati salienti dal portale Skuola.net - a essere sotto la lente di ingrandimento è la scuola. 

La Dad ha sol peggiorato una situazione già esistente

Impossibile ignorarlo: quasi due anni di didattica a distanza hanno avuto i loro effetti negativi sull’apprendimento dei nostri studenti. Lo ha detto anche l’istituto Invalsi, mettendo a confronto i numeri del 2019 riguardo alle performance dei ragazzi nelle tre materie d’indagine (italiano, matematica, inglese). Ma puntare il dito soltanto contro la Dad, afferma il Censis, sarebbe dare un’immagine parziale dell’effettiva situazione. 
Se infatti è il 65,3% a sostenere che, con la Dad, professori e studenti non sono riusciti a instaurare una valida relazione educativa, secondo il 75,6% degli oltre 1.700 dirigenti scolastici consultati dall’istituto di ricerca, questa avrebbe solo accentuato le difficoltà, comunque già presenti, degli studenti con status socio-economico e culturale svantaggiati. Ad acuire le difficoltà dei ragazzi, secondo il 65,4% dei dirigenti, è stato inoltre il verificarsi - in diversi casi -  di una didattica online basata sulla mera trasposizione della lezione frontale, senza una reale innovazione didattica; mentre quasi il 60% pensa che il problema non sia stato l’uso della Dad in sé, ma il contesto in cui si è dovuta svolgere, generalmente negativo, portatore di disagio per i docenti, per i ragazzi e per le loro famiglie.

Psiche vittima principale della pandemia, anche per i ragazzi

Insomma, la Didattica a distanza, “salvagente” in un momento emergenziale, non sarebbe di certo la causa di ogni male, ma non deve neanche rappresentare un generico appiglio a cui ricorrere in mancanza di nuove soluzioni. Perché il malessere esiste ed è tangibile e, tra i giovani, non si manifesta solo nel calo delle competenze. Altrettanto gravi, se non di più, sono gli effetti psicologici della pandemia e di tutto quanto ne è derivato: dal distanziamento sociale alla riduzione degli spostamenti. L’81% dei 572 dirigenti scolastici delle scuole superiori interpellati dal Censis afferma che tra gli studenti sono sempre più diffuse forme di depressione e disagio esistenziale. Per l’89,6 % di loro, i ragazzi hanno forte esigenza di ritrovare contatti sociali e relazioni, tanto che hanno rivalutato l’importanza di andare a scuola.

Non si progetta il futuro

L’aspetto forse più rilevante, che descrive bene la sensazione di incertezza dei giovani in un momento storico che ha tolto ogni sicurezza per il futuro, è che il 76,8% dei dirigenti vede gli studenti vivere come sospesi, senza la possibilità di fare reali progetti per il loro domani, nonché molto confusi dalle tante sollecitazioni e informazioni che ricevono continuamente nella realtà odierna  (è il 78,3% a sostenerlo). Il risultato è che dopo quasi due anni di pandemia, dopo essere stati privati della loro quotidianità e di vere prospettive a lungo termine, le nuove generazioni si sentono sperdute e disorientate: questa è l’opinione di circa la metà dei dirigenti scolastici sui loro ragazzi.

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