Marco Mengoni alla ricerca delle sue radici in "Materia (Terra)": "E' finalmente il disco giusto per me"
E' uscito il primo dei tre album che compongono il nuovo progetto del cantautore. Tgcom24 ne ha parlato con lui
Un ritorno alle proprie origini artistiche, riscoprendo il piacere di riappropriarsi del calore della musica, quella suonata davvero. E' questo "Materia (Terra)", il primo capitolo dell'ambiziosa opera in tre cd che segna il ritorno di Marco Mengoni. Un capitolo dalle forti tinte black. "Non so se è bello o brutto, perfetto o imperfetto, ma è giusto - dice lui a Tgcom24 -. È quello che volevo".
Una cosa di certo non si può dire di Marco Mengoni, ed è che difetti di ambizione. Ambizione nel senso migliore del termine. Non una voglia di raccogliere sterili numeri ma piuttosto quella di alzare sempre di più l'asticella nel proprio percorso artistico, per fare di ogni passo una crescita. In un momento storico in cui qualcuno arriva a dire che gli album sono un formato superato, che ormai ha senso solo il singolo da piazzare in questa o quella playlist, lui torna al suo pubblico con un progetto che di album ne prevede addirittura tre. "Terra" è il primo per forza di cose, perché è un partire dall'elemento in cui affondano le radici per poter crescere. "Terra è origini, radici - spiega lui -. Le mie sono la mia famiglia, dove sono nato, e alle mie origini musicali fatte di blues, soul, gospel. E anche funky. Quando ascolto quella musica mi riporta al centro. L'ho sempre ascoltata sin da quando ero nella pancia di mia mamma".
D'altro canto basta dare un'occhiata ai dvd sparsi nel suo studio personale milanese in cui ci ha accolti per un ascolto e una chiacchierata per capire quali sono le radici di Mengoni: da Michael Jackson agli Earth, Wind & Fire, è un lungo elenco di artisti che coprono tutte le sfumature della black music. E in quello stesso studio, nei lunghi mesi di stop per la pandemia, si è chiuso per realizzare le nuove canzoni. "Tutte le preproduzioni sono state fatte in studio con i musicisti con cui suono da 15 anni - sottolinea -. E' stato tutto suonato e quello che è arrivato in mano ai produttori era già molto chiaro. I vari produttori hanno messo l'ultima pennellata". Che in alcuni casi è stata molto fedele all'anima delle canzoni (come Mace e Venerus per "Cambia un uomo"), in altri, come per Purple Disco Machine e Michele Canova, è stata più decisa nel vestire i brani con suoni più sintetici o contemporanei. Tino Piontek ha portato l'immaginario di Mengoni negli anni 80, con il fortunato singolo estivo "Ma stasera" e "Mi fiderò", che vede il featuring di Madame ("La ritengo una delle voci più soul e più blues che abbiamo tra i giovani, non tecnicamente ma come anima"), Canova invece ha messo la sua mano da hitmaker in "Proibito", che riporta al Mengoni più pop (e dove Marco nel testo mette un riferimento a un amore omosessuale).
Chiudere il mondo fuori e immergersi nella musica non ha solo portato frutti dal punto di vista della scrittura, ma ha anche permesso al cantautore di regolare qualche conto con se stesso, trovando un equilibrio che qualche volta in passato era mancato. "Ho avuto tempo di riflettere un sacco in questi due anni - ammette -. Ho finalmente trovato il bicchiere mezzo pieno. E' stato bello aver fatto un viaggio nei meandri della mia psiche, dei miei ricordi e dei miei errori. E non in treno o in aereo come era stato per 'Atlantico'. Ho fatto un percorso di perdono di me stesso che spero mi possa portare a perdonare anche gli altri".
Oltre a quello di Madame in "Terra" c'è spazio per un altro featuring, quello di Gazzelle su "Il meno possibile". "Flavio è un amico ed era da tempo che ci dicevamo di fare qualcosa - dice Mengoni -. Quando ho scritto questo pezzo lo sentivo molto aereo e il disco si chiama Terra. Avevo bisogno qualcuno che lo riportasse giù, desse peso. Così ho chiamato lui che era in tour: gli ho chiesto di fare qualcosa ma lui mi ha detto che non aveva tempo. La sera stessa mi ha detto che aveva già scritto qualcosa".
I momenti migliori di "Terra" sono però proprio quelli in cui la produzione fa un passo indietro ed emerge la verità della musica. Come "Luce", registrata in presa diretta in studio con una band di 15 elementi. Un brano caldo e tradizionale per raccontare il più tradizionale dei rapporti, quello tra madre e figlio. "In questo periodo ho riflettuto tanto su ciò che significa relazione o rapporto - dice Mengoni -. Questo pezzo lo sento molto vicino a quello che è la nascita. Lo dedico a mia madre o comunque a un rapporto mamma figlio". E poi la dolorosa delicatezza di "Un fiore contro il diluvio" che chiude il disco. "E un viaggio in un essere solitario che si sente abbandonato - commenta Marco -. Non è una colpa non avere gli strumenti per aiutare qualcuno che ti sta accanto, ma se fossimo meno soli sarebbe meglio".
Per lanciare il disco il cantautore ha organizzato tre serate in uno speakeasy, riprendendo la tradizione dei locali segreti in cui durante gli anni del proibizionismo si potevano bere alcolici. In questo caso la protagonista era la musica, con lui impegnato a suonare tutto l'album dall'inizio alla fine con una band di nove elementi ad alto tasso soul: una performance live in cui le canzoni sono uscite ancora più calde, concrete e materiche, riportate alla loro essenza più pura. Di un disco che comunque è un deciso cambio di passo nella visione di Mengoni, da sempre molto autocritico sul proprio operato. Non questa volta: "Non so se è bello o brutto, perfetto o imperfetto, ma è giusto. È quello che volevo. In questi due anni non ho perso nessun pezzo ma è entrato tutto quello che voleva entrare".
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