Pisa, storia di Geremia, discriminato a scuola perché transgender: i compagni occupano l’istituto
A “Le Iene” la solidarietà degli studenti che si sono schierati al suo fianco contro la preside
Geremia ha 17 anni e fino a qualche tempo fa era Giulia. Il giovane ha iniziato il percorso di transizione verso una nuova identità maschile. Il suo cambio di genere non è gradito a scuola, dove la preside non vuole applicare il "Regolamento per l'attivazione e gestione della carriera alias", che ha lo scopo di garantire alle studentesse e agli studenti in transizione di genere la possibilità di vivere in un ambiente di studio sereno, attento alla tutela della privacy e della dignità dell’individuo.
“Lo dico sinceramente: in passato ero un represso fascista, parecchio omofobo, transfobico, razzista. È stata una parte della mia vita. Ora sono quello che sono”. Inizia così il racconto a “Le Iene” di Geremia, 17 anni, mentre ripercorre il suo passaggio da Giulia alla sua nuova identità maschile: “Non mi riconosco per niente in lei, per me è un’altra persona”.
Il caso di Geremia è finito sui giornali, perché il liceo che frequenta non riconosce il suo nuovo nome maschile. Per la preside urterebbe la sensibilità dei professori: “La scuola non è pronta” ha dichiarato, opponendosi a una richiesta dei genitori di chiamare il figlio con il suo alias e non con il nome anagrafico, che non rispecchia la sua nuova identità.
I compagni di Geremia hanno deciso di protestare e in centinaia hanno occupato per giorni l’Istituto Dini di Pisa per mostrare la loro solidarietà al compagno discriminato e per consentirgli di essere chiamato con il suo nuovo nome, in base al
La storia di Geremia – “Un anno fa sono salito in macchina, ho spento la musica e ho detto mamma devo dirti una cosa: ‘Io non mi sento più nel corpo in cui sono nato’. All’inizio è sbiancata, ma poi mi ha accolto iniseme a papà”. È iniziato così il percorso che ha portato da Giulia a Geremia. “Ho passato tutto il periodo delle medie a vestirmi come le mie compagne, non mi sentivo a mio agio ma lo facevo solo per sentirmi accettato. Se passavo davanti a uno specchio scoppiavo a piangere. Non accettavo le mie forme”. Questo corto circuito ha portato Giulia ad essere omofoba e razzista e a scagliarsi contro chi era diverso per combattere il suo disagio interiore.
Poi, un nuovo gruppo di amici lo ha fatto riflettere e da lì è iniziata la trasformazione. Giulia ha deciso di chiamarsi Geremia e i genitori lo hanno seguito e lo stanno seguendo in questo lungo percorso: “Noi lo sosteniamo sempre, vogliamo che si senta libera e sia felice”.
Dopo giorni di occupazione e la presa di posizione di alcuni professori, la preside ha fatto marcia indietro, dicendo che la richiesta della famiglia sarà presa in considerazione nel Consiglio d’Istituto. Geremia si sente soddisfatto: “Voglio dimostrare alle persone come me che si può lottare e vincere”.
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