Ritmo forsennato, dialoghi serrati, affiatamento degli attori sono di punti forza della Carrozzeria Orfeo, oltre al fatto che in ogni loro spettacolo si ride e poi arriva il pugno dritto nello stomaco. Dopo "Thanks for Vaselina", "Animali da Bar" e "Cous Cous Klan" la compagnia presenta "Miracoli metropolitani", il loro testo più politico con temi cardine come l’alimentazione, il rapporto con il cibo come forma di compensazione del dolore, la questione ambientale, la solitudine e la responsabilità. Tgcom24 si è fatta raccontare da Gabriele Di Luca, autore del testo e co-regista, lo spettacolo che sbarca all'Elfo Puccini di Milano dal 30 novembre al 31 dicembre.
"Miracoli metropolitani" ci catapulta in una cucina di un ristorante alla deriva, prossimo alla chiusura, che per non fallire ha deciso di riciclarsi in un servizio di consegne a domicilio specializzato in cibo per intolleranti alimentari. L’impresa cavalca un fenomeno che spesso nasconde delle truffe atte a creare un nuovo e potente mercato di consumo che sfrutta, per arricchirsi, le sempre più frequenti paure alimentari di un Occidente opulento e impaurito.
Quando hai scritto il testo dello spettacolo? Sembra la descrizione di fatti successi durante la pandemia
Ho iniziato a scriverlo a fine ottobre 2019. In effetti ha degli elementi di preveggenza. Avevo ipotizzato un mondo di persone chiuse in casa, per l'esplosione della fogna e dell'inquinamento, con la gente che andava in giro con maschere quasi anti-gas. Molte cose le ho tolte dal testo perchè mi sembrava di strumentalizzare quanto poi accaduto veramente.
Ti sei ispirato a qualcosa?
C'è un interressante episodio accaduto in un quartiere di Londra dove in una fogna hanno trovato una palla di grasso condensata, che pesava 130 tonnellate ed era lunga quasi come due autobus. Era fatta di grasso, olio, pannollini, salviette. Tutte le nostre schifezze concentrate stavano spaccando i marciapiedi. Mi sono chiesto, se questo mostro composto dai nostri escrementi esplodesse e ci sommergesse, cosa accadrebbe?
Quali sono i miracoli metropolitani del titolo?
Tutto è nato da un libro di Jung che parla di rapporti di sincronicità. Esiste un grande immaginario collettivo che gestisce i rapporti di coincidenze: quelle cose che ci capitano nella vita e noi chiamiamo coincidenze per lui invece sono numeniche, cioè hanno a che fare con i numi, quindi sono coincidenze speciali. E per noi sono quei miracoli metropolitani, ovvero le cose che accadono ma che per Jung non sono coincidenze perchè per lui la vita non è solo un rapporto di causa ed effetto ma anche un rapporto di acausalità.
I protagonisti dei vostri spettacoli hanno sempre personalità complesse (disagio, sofferenza, ferite). Come sono quelle di questo spettacolo?
Sicuramente sono in linea con gli spettacoli precendenti, e fanno parte della poetica della mia scrittura. Questi personaggi iniziano in modo quasi esasperato, con delle ferite molto esposte e con dei desideri molto potenti, e quindi appaiono molto buffi. Poi, successivamente con un meccaninismo quasi di sottrazione, togliendo quel lato bizzarro e grottesco, scopriamo che in fondo, nel loro nucleo, sono uomini e donne soli, in lotta con loro stessi e con la famiglia.
Che ruolo ha qui il cibo e la cucina?
Ha un grandissimo ruolo per diversi aspetti. In questa cucina si produce cibo per intolleranti alimentari. Naturalmente lo spettacolo non è una critica o una provocazione per chi soffre di intolleranze ma lo è verso una sistema capitalistico che commercializza e strumentalizza sempre le problematiche delle persone. Uno studio dell'Organizzazine Mondiale della Sanità ha dichiarato che almeno il 50% dei test degli ultimi 10 anni sulle intolleranze alimentari sono false, cioè non si basano su pressupposti scentifici comprovati. Questo significa che il nostro abuso di cibo, la sovralimantazione, i cibi modificati o coltivati male ci hanno portato a sviluppare negli anni sempre più intolleranze e queste ora sono strumentalizzate.
"Miracoli metropolitani" è considerato il vostro testo più politico perché?
Un po' per la questione del cibo di cui ho parlato e un po' per quella delle fogne. La politica che deve gestire questo disastro delle fogne di un Paese allagato di escrementi deve trovare un capro espiatorio, e come al solito è sempre diverso dalla responabilità politica delle cose: in questo caso sono in nostri immigrati. Quindi in questo mondo di miracoli metropolitani a un certo punto gli immigrati regolari e non iniziano a essere perseguitati perchè si vuole spostare il focus del problema. E si crea così l'avvento di una sorta di nuovo fascismo.
Dopo "Thanks for Vaselina" c'è un sogno o la voglia di portare un altro spettacolo nel mondo del cinema?
C'è sicuramente la voglia e ci sono dei progetti in atto. Il punto è trovare il produttore giusto e il contesto giusto. Sicuramente quest'ultimo è un aspetto fondamentale perchè oggi in Italia, anche grazie alle piattaforme digitali, stiamo diventando più conformisti rispetto all'offerta. E i miei spettacoli sono bianchi e neri e così anche i film, quindi devono poter essere posizionati all'interno di un contesto che gli permetta di vivere cinematograficamente così come vivono nel teatro. Non ci possono essere troppi compromessi.