Psicologo a scuola? Gli studenti "approvano" la proposta. Ma chiedono di cambiare le modalità d'accesso
Un sondaggio mostra come i ragazzi sarebbero ben contenti se venisse potenziata la presenza degli psicologi in ambito scolastico. Magari estendo la possibilità di accesso anche oltre l'orario di lezione
La proposta avanzata qualche mese fa dal Ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, di rendere fissa la presenza dello psicologo a scuola potrebbe essere presto realtà. Alla Camera, infatti, è stata depositata una proposta di legge che prevede proprio l'inserimento di uno psicologo professionista in ogni scuola presente sul territorio italiano.
Un’idea che, in attesa di diventare realtà, sembra piacere anche ai destinatari del provvedimento: gli studenti. Infatti, da un sondaggio condotto da ScuolaZoo assieme alla fondazione Il Bullone, è emerso che più di 9 alunni su 10 sarebbero favorevoli ad avere a disposizione lo “psicologo scolastico”. Ma, al tempo stesso, vorrebbero che fossero rivisti il numero e la distribuzione delle ore destinate agli incontri.
Psicologo a scuola: 2 studenti su 3 provano imbarazzo
Al momento, infatti, le occasioni per parlare con uno psicologo mentre ci si trova a scuola sono poche e quasi sempre concentrate nella fascia mattutina, parallelamente alle ore di lezione. E secondo il 59% dei ragazzi raggiunti dal sondaggio, ciò porta gli studenti a provare imbarazzo e paura di essere giudicati dagli altri compagni di classe o dai professori. In poche parole, la richiesta è che vengano cambiati gli orari e le modalità di accesso a questo importante servizio scolastico. Una modifica che potrebbe accrescere ulteriormente l’utenza: ad oggi, infatti, già oltre 7 studenti su 10 hanno usufruito almeno una volta del servizio dello psicologo a scuola, considerandola un’esperienza, nel complesso, positiva. Figuriamoci ampliando la finestra del servizio.
La pandemia ha solo aggravato problemi già esistenti
E chi pensa che questi numeri siano frutto del periodo storico che stiamo vivendo, si sbaglia di grosso. Sicuramente la pandemia ha influito negativamente sulla situazione psico-emotiva di molti ragazzi e ragazze, ma il 52% dei partecipanti al sondaggio sostiene di aver avuto problemi di salute mentale già prima dell’Emergenza Covid. La pandemia è stata solo il colpo di grazia, la goccia che fa traboccare il vaso: ad esempio, durante il il lockdown, il 40% dei rispondenti dice di aver subito più stress per l'organizzazione dei compiti e della Dad che non per la paura del contagio. Non solo, il 28% sostiene di avere avuto forti tensioni in famiglia durante la quarantena, mentre il 29% lamenta la mancanza della vita sociale che aveva prima dello scoppio dell’emergenza sanitaria. Più in generale, dal sondaggio si evince che ansia e attacchi di panico sono i disturbi più diffusi fra i giovani, seguiti da disturbi alimentari e autolesionismo; invece i problemi legati alla discriminazione sono per il 33% dovuti all’aspetto fisico e, nel 19% dei casi, legati alla capacità di apprendimento.
Una misura attesa da anni
Sulla questione è intervenuto anche il direttore di Skuola.net, Daniele Grassucci, che già in passato ha più volte lanciato un monito sulla necessità di formare i docenti da un punto di vista prettamente psicologico: “La richiesta di uno psicologo a scuola da parte degli studenti non è una novità - commenta Grassucci - visto che già nel 2017 nel nostro ‘Manifesto degli Studenti’ avevamo raccolto l'istanza, proveniente dai ragazzi, che chiedeva una maggiore formazione dei docenti in ambito psicologico. Di sicuro gli effetti del post pandemia hanno messo in evidenza la necessità di fare in fretta e, non a caso, tra le misure per il ritorno a scuola in sicurezza da due anni a questa parte sono previsti fondi proprio per finanziare questo tipo di interventi, insieme ad un accordo con l'Ordine degli Psicologi”. Una figura di questo tipo, conclude Grassucci “è essenziale non solo per gestire gli effetti della pandemia sui nostri adolescenti, ma anche per prepararli al futuro. Infatti molti studi affermano che nei prossimi anni, nel mondo del lavoro, il QE ovvero il grado di sviluppo dell'intelligenza emotiva, sarà più importante del QI, ossia il quoziente intellettivo, al quale siamo comunemente abituati come unità di misura dell'intelligenza di una persona”.
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