Viaggio tra la pasta: la Top Ten delle ricette regionali più amate
Valorizzare la versatilità della pasta nelle declinazioni locali: ecco come le specialità territoriali sono cresciute diventando patrimonio (e piacere) di tutti
La più desiderata in tavola
Metti una Carbonara a Milano, una Norma a Roma, una Cacio e Pepe “modificata” a New York: l’Italia della pasta è un tesoro di diversità… che uniscono. Con l’hashtag #PastaDiscovery, sul sito WeLovePasta.it, Unione Italiana Food lancia un corso virtuale, per elevare il valore della pasta. Un viaggio ideale attraverso l’Italia, regione per regione, alla scoperta della pasta nelle tradizioni locali. Tutte formidabili, tutte buonissime, tutte piene di amore, lavoro, fatica, storia e tanta creatività. Una guida essenziale dei 10 piatti local diventati nazionali.
Erano gli anni ’50: in Italia la sera dopo cena tutti guardavano in tv Carosello e in quel periodo Giorgio Albertazzi raccontava l’Italia della pasta, entrando nelle case per scoprire come si cucinavano i formati regionali, giunti allora per la prima volta nel mercato della grande distribuzione. Oggi, molti di quei piatti sono amati, replicati, discussi e sperimentati in Italia e in tutto il mondo. Quali sono? Lo rivela un’elaborazione di Unione Italiana Food, che stila la Top Ten delle ricette di paste regionali più amate, in cui accanto ai pesi massimi come la Carbonara, le Lasagne alla Bolognese e l’Amatriciana compaiono anche piatti insospettabili come i Pizzoccheri della Valtellina IGP, la Pasta e Patate, gli Spaghetti con le Vongole, le Trofie al Pesto.
I pastai italiani di Unione Italiana Food dedicano al viaggio tra le ricette regionali il terzo appuntamento di #PastaDiscovery, con una guida che rivela origini e curiosità di questi piatti, con le loro evoluzioni al di fuori del territorio, per riscoprire tutte le tradizioni “local” della pasta e la versatilità di un alimento che in Italia portiamo in tavola almeno 5 giorni a settimana, anche due volte al giorno. #PastaDiscovery è un ciclo di incontri virtuali dedicati all’ABC della pasta per chi la ama da sempre, per quanti la stanno riscoprendo e per gli absolute beginners in cucina. Vive sui canali social di WeLovePasta, con tanti contenuti multimediali che spaziano dai talk ai consigli pratici, alla storia, scienza e cultura della pasta, alle guide e ai test di assaggio, fino alle interviste e ai contributi video di gastronomi, pastai, food blogger e i consigli di Cristina Bowerman, Chef una Stella Michelin di Glass Osteria e presidente dell’Associazione Ambasciatori del Gusto.
Tutto parte dalla disponibilità degli ingredienti e anche dalle antiche tradizioni del territorio. Per avere un’idea dell’influenza che le caratteristiche territoriali hanno avuto sulle antiche tradizioni culinarie regionali è sufficiente mettere a confronto le due isole maggiori: la Sicilia è caratterizzata da svariate preparazioni a base di pesce, erbe della macchia e verdure; la Sardegna, dove le popolazioni vivevano tradizionalmente nell’entroterra, ha invece sviluppato una cucina strettamente legata ai prodotti dell’allevamento come la carne e i formaggi. E così ogni area del resto della penisola ha riversato in cucina, nel connubio con la pasta nello specifico, le proprie peculiarità culturali, territoriali, climatiche, di trascorsi storici.
Nei secoli, queste tradizioni regionali prima si sono consolidate. Una volta, al Nord la pasta era di grano tenero, all’uovo e ripiena, mentre al Sud era di semola di grano duro. Poi, la pasta è diventata piatto nazionale e specialità regionali sono diventate patrimonio del Paese e di tutto il mondo, grazie alla spinta dell’emigrazione, del turismo, dei ristoranti italiani all’estero, del cinema, degli influencer. Basti pensare al successo che oggi nel mondo hanno riscosso piatti come la Carbonara, un’istituzione che ha conquistato le pagine del New York Times, o la Lasagna alla Bolognese celebrata dalla giornalista Samin Nostrat che ha lanciato l’hashtag #TheBigLasagna per celebrare uno dei piatti più iconici della domenica e delle feste. E non da ultima la pasta al pesto che, con l’avvento del pesto in vasetto, negli ultimi anni è diventata una vera e propria mania in UK.
“La pasta in Italia ha tante radici – commenta Flavio Ferro, pastaio di Unione Italiana Food - visti gli stretti legami che ci sono fra le diverse tradizioni locali. Attraverso il Paese la pasta si è arricchita, diventando espressione di geografie, territori, latitudini, culture a cui le aziende che producono pasta hanno gradualmente aggiunto valore grazie al loro saper fare e all’avanzamento tecnologico nella produzione. Una stessa ricetta mostra varianti da regione a regione, da città a città, da casa a casa. Sebbene infatti ci siano contaminazioni visibili tra le ricette tipiche del nord, del centro e del sud, è solo un gioco di legami nella diversità, di mescolanza, ibridazione, peculiarità. Se i formati di pasta secondo il censimento di Unione Italiana Food sono 300, sono altrettante infatti le ricette regionali che la vedono protagonista ma sono 10 quelle ad aver scalato la vetta dei piatti regionali più amati che per caratteristiche di gusto, storia e legame territoriale, possono fregiarsi di un titolo nazionale… e non solo”.
I nuovi formati e le paste speciali
I pastai sono stati in grado di preservare elementi tradizionali in un piatto che oggi viene servito in tutta Italia (e non solo), riuscendo a creare valore aggiunto mediante la produzione e l’innovazione tecnologica, anche attraverso nuovi formati e l’invenzione di paste speciali (integrali, di legumi, gluten free). Oggi gli italiani hanno voglia di sperimentare. Se un alimento tipico della tradizione riesce a mantenersi protagonista della spesa degli italiani, è anche per la sua capacità di interpretare tendenze, cambiamenti degli stili di vita, nuove frontiere del gusto e della nutrizione. Basti pensare che fino a tre anni fa la pasta integrale era un trend emergente. L'innovazione nella pasta ruota anche da questo.
E non è un dettaglio da poco: “Il nostro Paese è una grande risorsa di biodiversità, culture e caratteristiche territoriali che hanno trovato la declinazione ideale in cucina – conclude Flavio Ferro. Ogni regione d’Italia ha una sua connotazione culinaria e un corollario di cucine tipiche regionali. Oggi, poi, c’è una nuova apertura del consumatore alla sperimentazione e alla novità. Anche nella ricettazione, questi piatti iconici si sono nel tempo evoluti e adattati ai nuovi palati, trovando interpretazione e declinazioni sempre più particolari, anche con paste speciali e formati nuovi rispetto alla tradizione. Così una ricetta come la Carbonara o lo Spaghetto alle vongole può trovare una nuova veste con un formato integrale. Le aziende si sono adeguate a queste necessità anche con delle linee regionali dedicate, differenziate per prodotto e utilizzo (ad esempio, esistono diverse varianti regionali di fusilli, soprattutto nell’Italia meridionale e varie linee di produzione a seconda del canale di vendita). Con Pasta Discovery vogliamo dare agli italiani gli strumenti per valorizzare le ricette tradizionali e stimolarli a lanciarsi in questo gioco di riscoperta. E rendere sempre più divertente un’abitudine quotidiana”.
È in atto anche una vera e propria evoluzione del gusto, dove il sapore è diventato appagante, da esaltare con ricette gustose e ricche di sapore su cui gli chef hanno trovato un nuovo terreno di sfida. E i pastai lo sanno: ecco perché investono ogni anno mediamente il 10% del loro fatturato in ricerca e sviluppo, per migliorare la qualità, guardando alla pasta del futuro, per un totale del comparto pari a 500 milioni di euro. Tutto questo per garantire al consumatore innovazione, sicurezza e qualità del prodotto finale sempre più elevate.
I 10 piatti di pasta più famosi che sono riusciti a fare il “gran salto” dalla tradizione regionale alle tavole nazionali (e globali)
Carbonara
Di certo una delle ricette più amate dagli italiani e imitate in tutto il mondo, tanto da avere un Carbonara Day a lei dedicato (6 aprile). Risale a quest’anno la sua rivisitazione forse più azzardata, la “Smoky Tomato Carbonara” lanciata dal New York Times. Le sue origini sono incerte: due Paesi (Italia e USA) si contendono la paternità del piatto: per alcuni sarebbe nata nel 1944 dall’incontro fra la pasta italiana e gli ingredienti della ‘Razione K’ dei soldati americani (tuorlo d’uovo in polvere e bacon). Una seconda ipotesi ne attribuisce la paternità ai carbonai appenninici (carbonari in romanesco), che lo preparavano usando ingredienti di facile reperibilità e conservazione. La carbonara in questo caso sarebbe l'evoluzione del piatto detto "cacio e ova", di origini laziali e abruzzesi. Per i puristi esiste solo una maniera per farla e cinque ingredienti canonici: pasta, guanciale, pecorino, uovo, pepe.
Cacio e Pepe
La storia di questo piatto simbolo della romanità nasce tra i pascoli durante la transumanza. Durante il viaggio, i pastori dell’agro romano riempivano la bisaccia di alimenti calorici e a lunga conservazione come il guanciale, il pecorino, il pepe nero in grani e gli spaghetti essiccati. E non a caso: il pepe nero stimola i recettori del calore, respingendo il freddo. Il pecorino stagionato, data la sua lunghissima conservazione, non mancava mai, la pasta dava le giuste calorie e carboidrati. Negli anni la tradizione si diffuse in tutta la campagna laziale fino ai monti abruzzesi e umbri. Il passo da pasto a piatto fu molto rapido. Oggi è diventata un piatto tipico delle osterie romane ed è amata in tutto il mondo, oggetto di discussioni e diverse interpretazioni. Tra le più famose, la versione street food a frittatina, quella estiva con menta e limone fino alle più eccentriche con zucchine e mandorle o fagiolini e bottarga.
Trofie con il pesto
Dal genovese “strofissià” (“strofinare”), le trofie sono create strofinando l’impasto tra le mani. Sono le regine delle tavole liguri, evoluzione dello gnocco medievale a base di acqua e farina, cui nel tempo si sono aggiunte farine povere o altri ingredienti (patate, pane, crusca, farina di castagne). Nella versione secca, si ottengono con un impasto di semola di grano duro e acqua. Il condimento per eccellenza è il pesto alla genovese, preparato con basilico ligure, aglio, pecorino sardo, Parmigiano Reggiano, pinoli, sale, e olio extra vergine d’oliva della Riviera. Talvolta il piatto si arricchisce con fagiolini e patate lesse, mentre nella zona di Recco è usanza aggiungervi le fave. All’estero è una vera e propria mania, soprattutto da quando è disponibile in vasetto a lunga conservazione. Memorabile la versione con limone e pepe o quella cotta (il pesto non si cuoce).
Lasagne alla bolognese
Celebrata dal New York Times e dalla giornalista Samin Nostrat, che proprio sul noto quotidiano statunitense ha lanciato l’hashtag #TheBigLasagna invitando a condividere la propria versione, è tra le più antiche paste italiane. Il nome deriva dal lasanum, un antico contenitore di cucina. Oggi con il termine lasagna si indicano formati che variano da luogo a luogo in tutta la Penisola: le lasagne a nastro sono dette pappardelle in Toscana, lagane nell’area del Sud-Est; se sono più larghe si chiamano vincigrassi nelle Marche e sagne in Calabria. Quelle alla Bolognese sono considerate le regine della cucina italiana celebri in tutto il mondo. Si tratta di sfoglie di pasta alternate al ragù alla bolognese, con poca besciamella, ma le varianti sono davvero innumerevoli. Forse in pochi lo sanno, ma la vera sfoglia delle lasagne alla bolognese è di colore verde, perché prevede l’aggiunta di spinaci nell’impasto a base di farina e uova.
Bucatini all’amatriciana STG
Prodotti con semola di grano duro e acqua, oggi sono diffusi in tutta l’Italia. Sono tipici del Lazio ma si trovano anche in altre regioni con altri nomi, come in Liguria (Fidelini bucati) e in Campania (Perciatelli). Nascono come prodotto fresco preparato in casa, al ferretto, quindi di forma irregolare. Poi nel XXI secolo, con l’avvento del primo torchio per la produzione di pasta, iniziano a presentare un foro perfettamente centrato grazie all’utilizzo delle trafile. La ricetta più nota è sicuramente quella dei bucatini all’amatriciana. Per la città di Amatrice rappresentano un monumento gastronomico nel mondo, oggi Specialità Tradizionale Garantita dall’UE. Per la ricetta originale (anch’essa risiede nella tradizione pastorale della transumanza), si utilizza il guanciale di Amatrice soffritto e sfumato con vino bianco, pecorino locale, olio extra vergine di oliva, peperoncino, pepe o pomodoro, anche se i puristi non aggiungono quest’ultimo ingrediente, fedeli all’usanza di quel tempo in cui i pomodori non erano ancora diffusi in queste terre.
Spaghetto con le vongole
Piatto tipico napoletano, per tradizione protagonista della cena della Vigilia di Natale, di cui oggi si conoscono numerose varianti (bianca e rossa); una delle più note è tuttavia quella degli “spaghetti alle vongole fujite”, ovvero “fuggite”, di Eduardo De Filippo che di ritorno da uno spettacolo si vide costretto a preparare la ricetta con quello che aveva (spaghetti, pomodorini e prezzemolo). Le dosi abbondanti di prezzemolo davano comunque l’impressione di gustare una pietanza a base di vongole, senza vongole. Nonostante questa simpatica variante, questa ricetta è universalmente conosciuta e dotata del marchio PAT (Patrimonio Agroalimentare Tradizionale). Una delle varianti concesse in Italia è la versione “rossa” con i pomodorini freschi, ma sul resto anche i più aperti non transigono.
Pasta alla Norma
Piatto semplice con pochi ingredienti mediterranei. Pasta corta, solitamente maccheroni, salsa di pomodoro, melanzane fritte, una spolverata di ricotta salata e qualche foglia di basilico. Questi gli ingredienti della pasta alla Norma, ricetta tipica del catanese, dalle origini incerte. Sembra che questo nome sia stato battezzato dal commediografo catanese Nino Martoglio con riferimento alla “Norma”, celebre opera del compositore Vincenzo Bellini, conterraneo del commediografo e della pasta. Si tramanda che questa ricetta sia stata presentata pubblicamente per la prima volta proprio la stessa sera della première mondiale dell’opera di Bellini, il 26 dicembre 1831.
Orecchiette con le cime di rapa
Sono il più noto tra i formati di pasta cavata, tipica della Puglia. Le origini risalgono al periodo medioevale tra il XII e il XIII secolo, periodo della dominazione normanno-sveva, nella zona di Sannicandro di Bari. Considerata dote, con l'eredità passata di madre in figlia, le orecchiette si sarebbero diffuse nel resto della Puglia e in Basilicata. Agli Angioini nel Duecento dobbiamo il nome alla pasta che oggi conosciamo. Per prepararle si setacciano insieme le farine (semola di grano duro, ma anche farina tipo 0 e farina integrale) a cui si aggiunge l’acqua tiepida. Dall’impasto si ricavano dei cilindretti da tagliare a pezzetti e trascinare sulla spianatoia; il cavatello così ottenuto si risvolta su se stesso, realizzando la tipica conchiglietta. Questa forma è ottimale per accogliere i condimenti, che vengono ulteriormente esaltati dalla consistenza ruvida della pasta. La versione originale prevede cime di rapa fresche, peperoncino e acciughe, ma per i puristi è concessa anche la versione vegetariana senza acciughe. Tra le versioni più evolute, quella con le noci, con i pomodori o con l’aggiunta di mollica.
Pasta e patate
Un classico della cucina napoletana umile, risalente al XVII secolo e al Regno di Napoli, realizzato con patate e pomodori insieme alla pasta. Un altro ingrediente fondamentale era la scorza di parmigiano per recuperare gli avanzi di alcuni alimenti e come da tradizione va fatta con la pasta mista: è una usanza tramandata negli anni, tipicamente napoletana, tanto che fino a poco tempo fa era difficile trovarla negli scaffali dei supermercati del Nord Italia. A Napoli era la somma dei “resti”, raccolti nei porti, negli opifici che lavoravano la pasta, nei cassoni delle botteghe e nelle dispense delle case dei poveri. Nella storia, le prime apparizioni risalgono al 1773, nell’edizione de “Il Cuoco Galante” di Vincenzo Corrado. Bianca, col pomodoro, con la pancetta, con la provola, con le cozze, ai quattro formaggi: in questo caso, sono concesse tutte le varianti anche con il benestare anche di chi l’ha inventata.
Pizzoccheri della Valtellina IGP
I turisti e gli stranieri in Valtellina sono soliti riportarli a casa come souvenir. Piatto simbolo della cucina valtellinese, oggi certificato IGP, con tutta probabilità i pizzoccheri nascono nel comune di Teglio (già nel 1548 si hanno le prime tracce letterarie), tanto che dal 2001 esiste una Accademia del Pizzocchero di Teglio. Ottenuto con acqua, sale, farina di grano tenero e farina di grano saraceno, l’impasto viene lavorato a lungo e lasciato riposare coperto. Si ottiene una sfoglia tirata, spessa due-tre millimetri, ritagliata in tagliatelle di uno per 7cm. Il Disciplinare prevede anche una versione secca, con l’aggiunta di semola di grano duro al grano saraceno. In entrambi i casi, la pasta viene cotta in acqua bollente insieme a verza e patate e in seguito condita con formaggi locali come il Bitto o il Casera DOP e irrorata con burro lasciato fondere con aglio e salvia. Nel caso in cui non si avessero a disposizione i formaggi tipici locali, è concesso condirli con taleggio e pere o speck e zucchine.
Di Indira Fassioni
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