L'ex leader birmana Aung San Suu Kyi, deposta dall'esercito a febbraio e poi presa di mira da una moltitudine di procedimenti legali, sarà incriminata per "frodi elettorali" durante le elezioni legislative del 2020 vinte a mani basse dal suo partito. Lo hanno annunciato i media statali. Con lei, per lo stesso reato, saranno perseguiti altri quindici funzionari, tra cui l'ex presidente della Repubblica Win Myint.
Le accuse - La commissione elettorale statale del Myanmar ha accusato la leader birmana e gli altri funzionari di azioni illegali quali costringere i funzionari delle elezioni locali a ostacolare le cabine elettorali militari, minacciare tali funzionari in relazione al voto anticipato per gli elettori di età superiore ai 60 anni, costringere i funzionari locali ad approvare liste di voto che includevano elettori non ammissibili e interferire nella campagna per favorire il partito di Suu Kyi.
Suu Kyi è già sotto processo o incriminata in una dozzina di procedimenti penali che, se confermati da una sentenza di tribunale, potrebbero costarle fino a 14 anni di reclusione. Una condanna che le impedirebbe di candidarsi nuovamente. Anche molti dei suoi principali alleati politici sono stati processati o sono accusati. I sostenitori di Suu Kyi e le organizzazioni per i diritti indipendenti affermano che i casi sono spuri e hanno lo scopo di screditare Suu Kyi e il suo partito mentre legittimano il governo militare.
Il colpo di stato - Nel frattempo il nuovo regime militare, che ha conquistato il potere il 1 febbraio 2021, sta portando avanti il progetto di smantellamento del precedente esecutivo. A maggio, infatti, è stato sciolto per via giudiziaria il suo partito, la Lega nazionale per la democrazia (Nld), con la stessa accusa usata per motivare il colpo di Stato: brogli alle elezioni dello scorso novembre, dove l’Nld aveva trionfato come nel 2015. Inoltre il mese scorso ha imprigionato Win Htein, uno stretto collaboratore di Suu Kyi e leader di alto livello, condannandolo a 20 anni con l’accusa di tradimento.