Le elezioni parlamentari e presidenziali in Libia si terranno il 24 dicembre, e chi ostacolerà il voto incorrerà in sanzioni internazionali: è questo il contenuto dell'accordo raggiunto dai capi di Stato e di governo alla Conferenza di Parigi. I leader mondiali riuniti nella capitale francese hanno anche ribadito il sostegno al piano d'azione per il ritiro di mercenari, combattenti e forze straniere dal territorio libico.
Al vertice, ha preso parte anche la vicepresidente degli Usa Kamala Harris, sono però spiccate le assenze del presidente russo Vladimir Putin e di quello turco Recep Tayyip Erdogan, che mantengono le milizie sul campo: per questo il presidente francese Emmanuel Macron, che ha presieduto la Conferenza insieme alla cancelliera Merkel e al presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, ha rinnovato l'appello a Mosca ed Ankara per il ritiro dei mercenari. Ma la strada sembra accidentata visto che la Turchia, come si legge nelle dichiarazioni finali della Conferenza, ha espresso riserve sulla condizione delle forze straniere.
Alla vigilia della Conferenza, però, la Francia era risuscita a incassare il ritiro di 300 mercenari vicini al generale Khalifa Haftar, e la copresidenza tra Parigi, Berlino e Roma ha mostrato una rinnovata unita' dell'Europa sul dossier dopo le divisioni degli anni scorsi. E proprio l'Italia, per voce di Draghi, chiarisce che l'accordo sul cessate il fuoco è "importante", e che "il ritiro di alcuni mercenari stranieri prima delle elezioni aiuterebbe a rafforzare la fiducia fra le parti".
Altrettanto importante, per Draghi, è però l'impegno a fare fronte comune per dare solidità al sistema economico con "un'equa distribuzione delle risorse in ogni parte del Paese" e sul fronte dei diritti umani. E' su quest'ultimo punto che il presidente del Consiglio italiano invita a fare di più. I "continui" sbarchi di migranti "in Italia rendono la situazione insostenibile: l'Ue - dice chiaro - deve trovare un accordo su questo fronte". Anche l'Italia, per il premier, "deve riuscire a investire di più in Libia, a spendere più denaro per creare condizioni più umane" sul fronte dell'immigrazione "che spesso non ha origine in Libia ma dai Paesi vicini".
A mettere a rischio la transizione democratica nel Paese, provato da una guerra civile durata 10 anni e iniziata con la caduta di Muammar Gheddafi, sono però anche altri fattori. Primo fra tutti la frammentazione del panorama politico libico: lo stesso capo dell'Alto Consiglio di Stato, la Camera Alta con sede a Tripoli, ha invitato la popolazione a boicottare il voto a causa dell'ingombrante presenza di figure come quella di Haftar, l'uomo forte della Cirenaica, protagonista del violento - poi fallito - assedio a Tripoli. E per le autorità libiche non sarà facile nemmeno concordare una legge elettorale che sia equa e inclusiva e accettata da tutti.
Per questo le prossime sei settimane saranno decisive, ha precisato Macron in conferenza stampa, mentre la cancelliera Merkel ha invitato le parti libiche ad accettare che al voto non potranno vincere tutti e che sarà importante rispettare l'esito delle elezioni e dunque la volontà del popolo libico. Draghi si è invece mostrato fiducioso, spiegando che ormai è "in anno e mezzo che non c'è più guerra, che c'è pace. Questa è la dimostrazione che questo percorso di ricostruzione è possibile".
"Le elezioni il 24 dicembre sono una scadenza nazionale e un obiettivo storico e lavoreremo tutti per raggiungerlo", ha da parte sua garantito il premier libico Abdul Hamid Dabaiba, che alcuni ritengono un altro possibile candidato alle presidenziali. "Le conclusioni della conferenza di Parigi con la volontà di svolgere elezioni simultanee il 24 dicembre sono all'altezza delle aspettative del popolo libico", ha detto invece il presidente del Consiglio presidenziale della Libia Mohamed al-Menfi.
I capi di stato e di governo hanno infine confermato l'impegno della comunità internazionale per una Libia "pienamente sovrana, unita e democratica", condizione essenziale per la stabilità della regione mediterranea, dell'Europa e dei Paesi del Maghreb e Sahel, e l'impegno contro gli abusi sui migranti e la tratta di essere umani. "La Libia oggi è più vicina di quanto non lo sia stata per molti anni a risolvere la sua crisi interna e ad interrompere il ciclo delle transizioni politiche", ha spiegato il segretario generale dell'Onu Antonio Guterres, sottolineando che "non possiamo perdere questa opportunità".