Il Libano ripiomba nel buio e non vede via d'uscita da una crisi economica senza precedenti che ha gettato la metà della popolazione sotto la soglia di povertà e paralizzato il paese. A tre mesi dall'ultimo blackout generale le due principali centrali elettriche Zahrani e Deir Ammar, rispettivamente nel sud e nel nord del Libano, sono state nuovamente chiuse per mancanza di carburante. Cosè resteranno per diversi giorni.
Le autorità libanesi non hanno infatti le risorse economiche per pagare, in dollari americani, le importazioni di carburante. Prima dell'ulteriore collasso delle due centrali, la gente era già rassegnata ad un massimo di due ore di elettricità al giorno. Un Paese senza elettricità significa anche ospedali paralizzati, strumentazioni ferme e un allarme sanitario che si aggiunge alla crisi finanziaria. Il governo ha decretato ufficialmente il default nel marzo del 2020.
A tutto ciò si aggiungono gli effetti della devastante esplosione del porto di Beirut del 4 agosto del 2020, quando 2.750 tonnellate di nitrato di ammonio, stipate per anni nei container, sono saltate in aria. Oltre duecento persone sono rimaste uccise, un terzo degli abitanti è stato costretto ad abbandonare le proprie case e il porto è rimasto paralizzato.
Per capire la situazione nella quale si trovano i libanesi basta un dato: il potere di acquisto dei lavoratori pubblici, pagati in lire, e' crollato. Uno stipendio che nel 2019 valeva circa mille dollari oggi ne vale 80.