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Nespoli: "Ho affrontato un tumore, non tornerò come prima ma mi sento alla fine di un tunnel"

"Non mi aspetto di ritornare normale, ma con la maggior parte della capacità che avevo prima, per continuare a viaggiare, a parlare con i ragazzi, a spronarli a fare l’impossibile", ha detto l'astronauta italiano 

Partita la navetta Soyuz, a bordo l'italiano Paolo Nespoli

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Tutto ha avuto inizio con una grande stanchezza. E' il 28 novembre dell'anno scorso quando l'astronauta italiano Paolo Nespoli, dopo aver deciso di vederci più chiaro in quella sua prolungata spossatezza, attraverso una risonanza magnetica, scopre di avere un tumore: un linfoma B cerebrale. Per Nespoli inizia così un nuovo viaggio che lo porterà dalla chemioterapia, alla riabilitazione per ricominciare a camminare, e, ad agosto, all’autotrapianto di cellule staminali. 

"So che non tornerò come prima" Come ha raccontato al "Corriere della sera", l'astronauta, che ha passato 313 giorni in orbita, non ha mai "pensato di non farcela mai. Però forse avevo sottovalutato la pesantezza delle cure. Forse il momento più duro è stato l’isolamento di 23 giorni durante l’ultimo ricovero per l’autotrapianto, al San Raffaele".

"Ho sempre pensato che sarebbe stata una cosa passeggera e che bisognasse portare pazienza, che alla fine di questa cosa sarei tornato come prima - ha detto Nespoli, parlando degli strascichi dovuti alle cure -. Ora mi rendo conto che forse non tornerò mai come prima, ma credo di avere buone chance di rimettermi a posto".

"Mi sento alla fine di un tunnel" Per affrontare le fasi più dure, Nespoli ha raccontato di aver "cercato di applicare lo stesso metodo che applicavo prima con le cose più difficili, quando mi addestravo. Cioè non pensavo che mancava 100 per finire, ma vivevo un giorno alla volta, un pezzettino alla volta, in modo da non lasciarmi spaventare da quello che avevo ancora davanti". Ora, "mi sento alla fine di un tunnel, guardo avanti e vedo la luce. Non mi aspetto di ritornare normale, ma con la maggior parte della capacità che avevo prima, per continuare a viaggiare, a fare le conferenze, a parlare con i ragazzi, a spronarli a fare l’impossibile".

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