Tra le novità importanti degli ultimi anni nel campo della robotica, c’è l’applicazione all’ambito chirurgico. Ne abbiamo parlato con Luigi Filippo Da Pozzo, Direttore della Urologia dell'Ospedale di Bergamo dal 2009, dove ha introdotto e coordinato l'attività di chirurgia robotica e portato la sua notevole esperienza nella gestione clinica e chirurgica di tutta la patologia urologica, in particolare in campo oncologico.
Cosa è esattamente la chirurgia robotica?
"Io amo definirla una forma di chirurgia laparoscopica evoluta. Come nel caso della laparoscopia, l’accesso al campo operatorio avviene attraverso piccoli fori, senza dover fare ricorso ad incisioni chirurgiche tipiche della chirurgia tradizionale “a cielo aperto”. Come nel caso della laparoscopia, il chirurgo osserva il campo operatorio attraverso un monitor. I sistemi per la chirurgia robotica riescono tuttavia a garantire prestazioni migliori rispetto alla laparoscopia tradizionale, sia quanto a movimenti, sia per il dettaglio della visione. I primi, grazie al robot, si fanno più precisi, arrivando addirittura a simulare alla perfezione i movimenti delle dita del chirurgo. La visione tridimensionale e l’enorme ingrandimento ottico, garantiscono inoltre una attenzione massima ai dettagli anatomici".
In quale branca della chirurgia ha trovato finora maggiore applicazione il robot?
"Senza dubbio in Urologia. Da sempre questa è stata la branca della chirurgia più attenta all’innovazione tecnologica. È soprattutto in questa disciplina che i nuovi strumenti tecnologici trovano spesso il loro primo impiego. Anche nel caso della chirurgia robotica, è stata l’Urologia per prima la disciplina che ne ha mostrato l’efficacia. A vent’anni dalla sua effettiva introduzione dei primi sistemi di chirurgia robotica nelle sale operatorie, la maggiore applicazione di questa tecnologia si ha ancora in Urologia".
Per quali patologie trova la sua maggiore applicazione?
"Per malattie oncologiche in ambito urologico. La chirurgia per tumore alla prostata, ormai nella stragrande maggioranza dei casi, viene effettuata con il robot. La neoplasia alla prostata è di gran lunga il primo tumore per incidenza nel sesso maschile. Poi ci sono i tumori della vescica e del rene, altri tumori di cui si occupa l’Urologia, che si collocano purtroppo nella triste nella classifica delle prime 10 neoplasie che colpiscono i soggetti di sesso maschile. Da qualche anno c’è un’applicazione anche nell’ambito della cistectomia, cioè nell’asportazione della vescica per tumore vescicale".
Quali sono i benefici dell’utilizzo del robot per il paziente?
Come per la laparoscopia, la chirurgia robotica garantisce una minore invasività, con un riflesso positivo sui tempi di recupero post operatorio, sulla possibilità di riprendere più rapidamente la ordinaria attività quotidiana. Il controllo del dolore è migliore e le ferite, più piccole, presentano minori rischi di infezione. Vi è in generale un minore rischio di complicazioni. Il mancato taglio ha infine anche un aspetto estetico. Un aspetto che però rende la chirurgia robotica particolarmente vantaggiose, laddove sia possibile applicarla, sta nella conservatività degli organi. Nel caso della prostatectomia radicale, il recupero delle funzioni è particolarmente importante. Una chirurgia del dettaglio consente infatti una migliore precisione per ridurre il rischio di incontinenza ed il rischio di perdita della potenza sessuale. Negli interventi sulle neoplasie renali, asportando con precisione le cellule tumorali e mantenendo la parte sana, è possibile preservare e garantire la massima funzionalità residua dell’organo.
La chirurgia robotica ha sostituito i sistemi tradizionali?
"Vorrei essere chiaro su questo aspetto. I dati dimostrano che è l’esperienza del chirurgo il principale fattore che minimizza la complicanza. Ben più del ricorso a questa o a quella tecnica particolare, inclusa la chirurgia robotica. È sempre il chirurgo che opera. Va considerato inoltre che non tutti i pazienti sono candidabili a un intervento di chirurgia robotica. La laparoscopia tradizionale e la chirurgia “a cielo aperto” tradizionale non sono assolutamente diventate obsolete. L’avvento dei robot non sostituisce la skill del chirurgo su tutte le altre procedure, che devono essere valutate caso per caso. Il chirurgo potrà poi indicare la tecnica migliore per ciascun singolo paziente e per la sua situazione particolare".