Enrico Bertolini è il cuoco italiano più blasonato di Italia (con 9 stelle Michelin) e colui che 26 anni dopo Gualtiero Marchesi ha riportato a Milano le 3 stelle. Ma è anche, e soprattutto, un imprenditore che gestisce più di un centinaio di dipendenti in 8 ristoranti fine dining italiani: ben chiara per lui l'importanza di quegli aspetti extra o pre-gastronomici che consentono a un ristorante non solo di stare in piedi, ma di funzionare bene.
La pandemia, con il pesante "tributo" pagato dal settore ha accelerato il confronto su questi temi, divenuti sempre più centrali e, non a caso, scelti come terreno di confronto per la sedicesima edizione di identità Golose, che ha infatti come sottotitolo “Costruire un nuovo futuro: il Lavoro”.
Bertolini: "Regolare il nostro mestiere o sparirà" Il nostro, spiega Bertolini, "non è un mestiere come tutti gli altri. Vorrei che venissero riconosciute le sfumature artigianali, manuali, la maestria del mestiere di cuoco. Perché se una professione non è regolata e tutelata, rischia di sparire".
"Necessario un codice ateco ad hoc" Per evitare che succeda, prosegue Bertolini, è necessario che "sia introdotto un codice ateco ad hoc. Nella classificazione attuale delle attività economiche non si fa distinzione tra chi lavora in un ristorante e chi lavora nell’industria alimentare. Parlo di ristoranti fine dining nel mio caso, ma vale anche per chi fa qualità nelle trattorie, nelle pizzerie e non solo. Io conduco attività che hanno inizio alle 7 di mattina e finiscono di notte: somministriamo colazione, pranzo, merenda e cena. E' una gestione differente da quella di chi pensa solo a pranzi e cene. Con codici ateco distinti, ridisegneremmo i diritti ma anche i doveri del mestiere".
Ciò sarebbe possibile "riconoscendo che, se sviluppi la professione attraverso una giusta gavetta, una precisa disciplina e infine una certa maestria, non sei solo un produttore di buon cibo ma diventi ambasciatore della cucina, un'espressione importante dell'identità del tuo Paese. Questo status potrebbe dare diritto a tasse meno onerose e, al tempo stesso, al riconoscimento dei giusti meriti del lavoratore. Gli stipendi da 1.300 o 1.500 euro, prevalenti nei nostri contratti di oggi, sono tassati in maniera sproporzionata".