Dentro tutto (o quasi) è filato liscio, fuori c’è ancora molto da rivedere. La prima settimana di scuola, per gli istituti italiani, era un banco di prova importante. Dopo mesi di confronto a vari livelli, bisognava vedere se le regole introdotte (o riproposte) per garantire la didattica in presenza avrebbero funzionato, scongiurando rischi di contagio e ritorno alla Dad.
Un vero e proprio test che, stando al giudizio dato dai 2.500 studenti delle superiori intervistati da Skuola.net dopo i primi giorni di lezione, sembra essere stato superato. Perlomeno all'interno delle scuole: ben 8 alunni su 10, infatti, promuovono il tipo di organizzazione messo in piedi dal proprio istituto. Tutto intorno, invece, c'è il sospetto che anche quest'anno si dovranno fare a lungo i conti con assembramenti e trasporti poco efficienti.
Qualcuno è già in Dad, non sempre per colpa dei contagi - Per ora il “tutti in presenza” annunciato dal Ministro Bianchi sembra essere confortato dalle statistiche: solo l’1% del campione dichiara di aver fatto ricorso alla Dad in forma parziale a causa della mancanza di spazi. Tuttavia le quarantene disposte dalle Asl in caso di positività acclarate in classe sembrano confermarsi come il nemico numero uno della didattica in presenza: circa il 3% è già dovuto tornare a collegarsi online alle lezioni invece che andare fisicamente in classe. Nel resto dei casi, a dare una mano alla didattica in presenza, potrebbero essere stati gli stessi studenti: quasi il 90% dice che nella propria classe come minimo la metà degli alunni è già vaccinata.
Un inizio all'insegna della prudenza - Ma le scuole, per non sbagliare, sembrano aver adottato la linea dell'estrema prudenza. Lo dimostra il modo in cui stanno gestendo il capitolo mascherine. In teoria, l'obbligo per gli studenti di indossare quella chirurgica (più protettiva) scatta solo se in aula non si riesce a mantenere la distanza di almeno 1 metro tra gli alunni (e di 2 metri tra questi e la cattedra). Ma il 70% dei ragazzi racconta di dover avere come minimo la mascherina chirurgica anche se il distanziamento è applicabile, a cui si aggiunge un 29% che lo deve fare proprio per via degli spazi limitati; praticamente nessuno ha libertà di scelta. Questo perché, laddove le distanze ci sono (avviene in oltre 7 casi su 10), spesso sono garantite al centimetro: la metà delle volte, infatti, la sensazione è che basti poco per sconfinare.
Finché si può finestre sempre aperte - Gli istituti, dunque, preferiscono non rischiare. Lo certifica una volta di più anche la questione del ricambio dell'aria nelle aule. Il piano del ministero dell'Istruzione per la ripartenza prevede che ci sia un costante ricircolo dell'aria in classe, utilizzando anche sistemi automatici (che però sono presenti solo in 1 caso su 10) o in alternativa aprendo di tanto in tanto porte e finestre. Ma la maggior parte delle scuole, per evitare problemi, preferisce far tenere le finestre costantemente aperte: una condizione con cui devono convivere circa 3 studenti su 4 (perlomeno finché il clima lo consentirà); mentre per il 12% ciò avviene ad ogni cambio d’ora.
Green pass per i docenti: il controllo funziona - Evidentemente ai presidi, per stare tranquilli, non basta l'introduzione del Green pass obbligatorio per i docenti e per il personale scolastico. Pur essendo quasi tutti riusciti a far partire immediatamente a pieno regime la macchina organizzativa: agli occhi del 90% dei ragazzi i controlli si sono svolti regolarmente. Anche se, va detto, la squadra degli insegnanti era spesso incompleta: in 4 casi su 10, nei primi giorni di scuola, una o più cattedre sono rimaste vuote.
Fuori scuola ancora troppi assembramenti - Fin qui la situazione interna agli istituti. Tutto sommato soddisfacente. Ma l'obiettivo di far iniziare, proseguire e finire l'anno scolastico in presenza per essere centrato ha bisogno che altri tasselli vadano al loro posto. Inutile che la scuola sia un ambiente protetto se fuori le regole saltano. Quasi 8 studenti su 10, ad esempio, riportano di quotidiani assembramenti all'ingresso o all'uscita di scuola. Questo nonostante, per oltre il 60% dei ragazzi, siano stati stabiliti degli ingressi scaglionati a gruppi e per la metà (50%) siano stati addirittura introdotte due o più fasce orarie di lezione.
Trasporto pubblico: un problema senza soluzione? - Senza dimenticare il problema dei problemi: i trasporti. Tra chi utilizza i mezzi pubblici per andare a scuola, circa 1 su 2 è convinto che nulla sia cambiato: autobus, tram, treni e metropolitane sono strapieni; come se non ci fosse una pandemia. E per un altro 40% la situazione è fattibile ma il corretto distanziamento è comunque una chimera. Cosa ancora più grave, tantissimi (62%) riportano che c'è ancora qualcuno che non indossa la mascherina a bordo. Senza che nessuno lo costringa a metterla: appena 1 su 4 si è imbattuto in quel personale di controllo che doveva essere potenziato proprio in occasione del back to school.
Tutto o quasi secondo i piani - “Il Ministro Bianchi aveva fatto due promesse a dir poco impegnative per l’apertura dell’anno scolastico: mai più Dad e tutti i prof in cattedra fin dal primo giorno di scuola. Secondo quanto riportano gli studenti, la prima è stata sostanzialmente mantenuta - sottolinea Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net - mentre sulla seconda forse ci sarà bisogno di qualche giorno in più, ma spesso la scuola ha assicurato che arriveranno presto. Considerando che in alcune realtà, in passato, l’organico si completava anche a ottobre inoltrato, la situazione sembra comunque migliore del passato. A preoccupare per la tenuta della scuola in presenza sono invece le quarantene: i casi, isolati, di classi in Dad riportati dalle cronache locali sembrano supportati anche dal dato nazionale rilevato da Skuola.net. Ma conoscendo la velocità con cui si muove il virus, tra una settimana potrebbero essere molti di più, a meno che non cambino le regole”.