Il "grande gioco" dell'Afghanistan: storia di un Paese "inespugnabile"
Le tappe di una storia millenaria che da Alessandro Magno ai nostri giorni, passando per grandi invasioni e un bin Laden "amico" degli Usa, ha plasmato la coscienza di un Paese
La storia dell'Afghanistan in foto
La Storia non dovrebbe insegnare nulla. Non dà lezioni per prevedere il futuro, non garantisce pronostici infallibili, non dispensa leggi inviolabili. Secondo lo storico Alessandro Barbero, però, forse una legge la si può individuare: non bisogna invadere la Russia. A ben vedere, si potrebbe arrivare anche a dire: non bisogna invadere l'Afghanistan. Nel corso della sua storia millenaria, questa aspra regione montuosa è stata bersaglio di invasioni e conquiste per la sua posizione strategica, crocevia dell'Asia centrale, occidentale e meridionale. In età contemporanea, dall'Ottocento ai giorni nostri, si è però rivelata inespugnabile, concedendosi una clamorosa "tripletta", ricacciando nell'ordine inglesi, sovietici e americani. Ecco la metafora calcistica del "grande gioco" dell'Afghanistan, nel quale l'Occidente e l'Oriente si vedono coinvolti con enormi sforzi. Una metafora che, alla luce degli enormi costi umani provocati dai conflitti, non vuole per questo apparire provocatoria o irriverente.
Fin dalla notte dei tempi, fra le montagne dell'Afghanistan hanno vissuto tribù guerriere sempre in lotta fra loro. L'inimicizia, per dirla alla latina, veniva però messa da parte quando alle porte si presentava un invasore straniero. Di colpo i guerrieri delle montagne, così disuniti fra loro, si sentivano "afghani". Per proseguire con il gergo calcistico, essi mettevano in campo catenaccio a oltranza che si fa letale attacco agli avversari. La posizione strategica sulla Via della Seta e, più recentemente, i grandi giacimenti minerari hanno però spinto grandi nazioni a tentare l'attacco.
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