Il nucleare in Italia c'� ancora. A pi� di 25 anni dal referendum del 1987 che ne ha previsto l'abolizione per uso energetico, ci� che rimane sono le scorie. Una montagna di rifiuti radioattivi, 90mila metri cubi, e gli otto impianti nucleari da smantellare. Non esiste ancora un deposito nazionale, previsto da una direttiva europea del 2011. Per risolvere questo problema � nato l'Osservatorio indipendente per la chiusura del ciclo nucleare, promosso dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile con Sogin, societ� di Stato per la bonifica ambientale dei siti nucleari e la gestione dei rifiuti radioattivi.
Obiettivo bonifica - Il presidente dell'Osservatorio, Stefano Leoni, spiega: "Vogliamo contribuire a una corretta informazione con l'obiettivo di approfondire gli aspetti tecnici e tecnologici, le implicazioni economiche, sociali e ambientali delle attivit� di bonifica dei siti nucleari e di gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi".
Da dove provengono le scorie - L'Italia deve smantellare le centrali nucleari, gli impianti di produzione del combustibile nucleare e gli impianti di ricerca del ciclo del combustibile nucleare di Trino e Saluggia (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta), Bosco Marengo (Alessandria), Casaccia (Roma) e Rotondella (Matera), nonch� avviare la chiusura del ciclo del combustibile nucleare.
Anche rifiuti ospedalieri - Si tratta di attivit� che generano circa 55mila metri cubi di rifiuti radioattivi a cui se ne aggiungono circa altri 36mila da impieghi medicali, di ricerca e industriali vale a dire provette, flaconi, siringhe, guanti, indumenti contaminati, sorgenti per teleterapia ma anche macchinari contaminati e dispositivi utilizzati per la ricerca in campo medico e farmacologico, oltre che in specifici settori industriali. "E' un dovere morale per chi come me ha partecipato alle battaglie antinucleari" ha detto Edo Ronchi avvertendo che in mancanza di soluzioni "il rischio � che questi rifiuti finiscano in circuiti non legali".