Il titolare dell'allevamento di Firenzuola, provincia di Firenze, dove Malika Chalhy, la 22enne cacciata di casa per aver confessato alla madre di essere lesbica che in questi giorni è oggetto di polemiche per i suoi acquisti, ha comprato un bulldog francese a 2.500 euro ha deciso di "restituire" il denaro, donandolo all'Arcigay Bologna. Lo ha annunciato lui stesso sul profilo dell'allevamento. "Spero che il mio gesto sia d'esempio affinché gli italiani ritrovino la fiducia nei confronti di tutti coloro che facendo beneficenza combattono l'omofobia e ogni forma di discriminazione", dice.
"Mio malgrado, mi sono ritrovato coinvolto in questa storia a dir poco torbida, in quanto circa un mese fa Malika si è rivolta al nostro allevamento per acquistare un cucciolo di French bulldog. Io non la conoscevo; passo tutto il mio tempo con i miei cani e quando arriva la sera non ho le forze per accendere la tv. Quindi, non sapevo chi fosse. Soltanto dopo due settimane, sono venuto a conoscenza di tutta la storia, di quello che aveva subito e della raccolta fondi. Ero rimasto un attimino perplesso, mi sono fatto due domande. Avevamo avuto anche più di una discussione per quanto riguarda la gestione del cucciolo che le avevamo affidato, perché a mio avviso era gestito in maniera molto discutibile", spiega il venditore nella prima parte del video.
"I 2.500 euro che mi sono stati dati sono comunque frutto del mio lavoro - perché allevare French bulldog è cosa molto complicata e costosa -, sudati e guadagni faticosamente. Detto questo, però, sono rimasto molto colpito dalla vicenda, perché comunque tanti italiani hanno fatto beneficenza per abbattere le discriminazioni e questi soldi sono stati gestiti in maniera a dir poco singolare. Quindi - annuncia l'uomo -, ho deciso di fare una donazione pari al costo del cane stesso all'Arcigay di Bologna, ragazzi che si adoperano tantissimo nelle scuole contro il bullismo, l'omofobia, contro tutte le discriminazioni. Fanno un bellissimo lavoro, dunque mi è sembrato un bel gesto dare il denaro a loro. Spero che la mia donazione sia un messaggio, un esempio per gli altri imprenditori che come me si sono trovati ad avere a che fare con la signorina Malika. Non so, ristoratori, proprietari di hotel a 5 stelle, boutique di lusso che hanno incassato dei soldi - inconsapevolmente - che venivano da una raccolta fondi per beneficenza e quindi dovevano essere utilizzati affinché Malika potesse ricostruirsi una vita, pagare le spese legali e per combattere l'omofobia".
"Chiedo - conclude - a tutte queste persone, che come me sono entrate inconsapevolmente in questa storia, di mettersi una mano sul cuore e far sì, compatibilmente con le loro possibilità, che questi soldi finalmente vadano dove gli italiani desiderano e desideravano che andassero. Quindi a combattere omofobia e discriminazioni. Penso e spero che questo mio gesto sia d’esempio, perché il bene deve generare bene, e che dia una ventata di positività a questa storia alquanto triste".