Smarrimento e disillusione: sono i sentimenti diffusi tra gli agenti penitenziari del carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta), dopo gli arresti di 52 colleghi, ora sospesi, in servizio all'epoca proprio all'istituto casertano, coinvolti nell'indagine sui pestaggi sui detenuti nell'aprile del 2020. "E' come se avessimo contratto una malattia grave - spiega un agente - ci sentiamo smarriti, sofferenti, senza sapere cosa ci può capitare".
"Durante la perquisizione del 6 aprile 2020 - continua l'agente - ci sono state sicuramente delle esagerazioni, ma il tutto va letto nel contesto di un periodo in cui c'erano rivolte in tutte le carceri italiane, penso a Foggia; e proprio a Santa Maria Capua Vetere furono trasferiti i detenuti protagonisti di quelle rivolte. Ci siamo trovati a fronteggiare una situazione esplosiva, con detenuti molto aggressivi che volevano prendere il sopravvento. Ricordo che noi, rispetti ai detenuti, siamo in minoranza".
A scatenare la rivolta nell'aprile del 2020, quando tutta l'Italia era in pieno lockdown per la pandemia, fu la notizia di un caso di positività tra i detenuti.
Filmato shock Un filmato, pubblicato dal quotidiano Domani, mostra le manganellate e i calci ai detenuti, anche a uno in carrozzina, costretti a restare in ginocchio con le mani sulla testa e la faccia rivolta al muro. In alcune immagini si vedono gli agenti che creano corridoi umani per costringere i detenuti a passarci in mezzo. Poi le botte e gli spintoni, fino alle celle. Stessa identica scena nel passaggio verso le scale. Gli agenti sono accusati dei reati di tortura, maltrattamenti, depistaggio e falso.
Ex detenuto accusa la direttrice ma poi rettifica "Non posso ripensarci, vado al manicomio. Secondo me erano drogati, erano tutti con i manganelli, anche la direttrice". Sono le parole con cui Vincenzo Cacace, ex detenuto sulla sedia a rotelle nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, ricorda il pestaggio. "Sono stato il primo ad essere tirato fuori dalla cella insieme con il mio piantone perché sono sulla sedia a rotelle - racconta -. Ci hanno massacrato, hanno ammazzato un ragazzo. Hanno abusato di un detenuto con un manganello. Mi hanno distrutto, mentalmente mi hanno ucciso. Volevano farci perdere la dignità ma l'abbiamo mantenuta. Sono loro i malavitosi perché vogliono comandare in carcere. Noi dobbiamo pagare, è giusto ma non dobbiamo pagare con la nostra vita. Voglio denunciarli perché voglio i danni morali". Successivamente, però, l'uomo ha ritrattato, spiegando che "Nella foga del racconto mi sono confuso, ho detto direttrice ma volevo dire la commissaria".
La direttrice: "Ero assente" Elisabetta Palmieri, direttrice del carcere, aveva infatti già smentito la sua presenza durante le violenze del 6 aprile 2020. "Sono stata assente per tre mesi per motivi di salute", sottolinea, e pur definendo inammissibili le violenze spiega che "nei giorni precedenti i detenuti in rivolta si erano impadroniti di alcune sezioni". Quindi aggiunge: "L" iter processuale è all'inizio. C'è stata l'accusa, adesso c'è la difesa".
Sospesi gli indagati Il ministero della Giustizia ha quindi annunciato la sospensione degli indagati. "Una volta ricevuta formale trasmissione da parte dell'Autorità giudiziaria di Santa Maria Capua Vetere dell'ordinanza di custodia cautelare, sono state immediatamente disposte le sospensioni di tutti i 52 indagati raggiunti da misure di vario tipo. Il Dap sta valutando ulteriori provvedimenti anche nei confronti di altri indagati, non destinatari di iniziative cautelari, e ha disposto altresì un'ispezione straordinaria nell'Istituto del Casertano, confidando nel pronto nulla osta dell'Autorità Giudiziaria", si legge in una nota.
La difesa dei sindacati I sindacati continuano a fare scudo in difesa della Penitenziaria. Il segretario generale del sindacato degli agenti della penitenziaria Spp, Aldo di Giacomo, si è detto certo "che il 6 aprile 2020 non vi fu alcun uso sproporzionato della forza, e che il tribunale del riesame ristabilirà la verità".
Anche il sindacato Osapp ha espresso preoccupazione per la "campagna mediatica contro gli agenti, con tanto di nomi e cognomi pubblicati sui quotidiani". Contro la "gogna mediatica" il Sappe, che ha annunciato esposti al Garante della privacy e all'Ordine dei giornalisti.