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Con "Shimmy Shimmy" Takagi & Ketra ci portano nel Sahara: "Ci piace il Sud del mondo e cerchiamo il ritmo che fa ballare"

Il duo di producer si racconta a Tgcom24 dopo l'uscita del loro nuovo singolo con Giusy Ferreri

"Shimmy Shimmy", si balla con Takagi & Ketra e Giusy Ferreri

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Dune, odalische, cieli stellati e tanta voglia di ballare. Sono gli ingredienti di "Shimmy Shimmy", il nuovo brano firmato da Takagi & Ketra e cantato da Giusy Ferreri, che nel video si scatena in una sensuale danza del ventre regalandoci immagini da mille e una notte. "Ci piace il Sud del mondo", raccontano i due producer a Tgcom24: "Le percussioni e gli strumenti ritmici ci attraggono perché per noi la componente del ritmo in una canzone ha un ruolo determinante".

E di ritmo, in quello che si candida ad essere l'ennesimo tormentone dell'estate dell'ormai rodato trio Takagi & Ketra più Giusy Ferreri, ce n'è da vendere. Ritmo e atmosfere mediorientali, che ci portano lontano, negli harem e tra i bazar con quel tocco magico di pop che fa venire voglia di ballare.

Dopo "Amore e Capoeira" e "Jumbo" un altro brano dell'estate che ci porta in mondi lontano...
A noi piace il Sud del mondo, le percussioni e gli strumenti ritmici ci attraggono perché per noi la componente del ritmo è molto importante in una canzone. Anche per "Shimmy" volevamo esplorare un territorio che avesse questi elementi. Con "Amore e Capoeira" è stato il Brasile, con "Jumbo" il Sud Africa e adesso il Medioriente. 
In tutti e tre i brani abbiamo esportato sia degli strumenti musicali (in Shimmy la darabouka, strumento a percussione usato in Nord Africa, Medioriente e Asia e il caratteristico sitar indiano),  sia una componente ritmica molto forte. Ad ogni zona geografica è legato un ballo. I nostri brani vogliono far muovere la gente.

Dove è stato girato il video?
Il video l'abbiamo fatto i primi di maggio nel governatorato di Tozeur che sarebbe alle porte del Sahara, nel centro sud della Tunisia. Abbiamo avuto un permesso speciale dal ministero della cultura tunisina, che ci ha dato la possibilità di accedere in una zona molto "safe", dove i contagi erano molto bassi. E' una sorta di Hollywood tunisina, qui hanno girato anche "Guerre Stellari". 

Ufficio stampa


 

Cosa significa "Shimmy Shimmy"?
E' il movimento d'anca della danza del ventre.

Come è andata l'esperienza di Giusy con questo ballo?
Se l'è cavata benissimo. Lei è molto preparata, ed è sempre stata affascinata dalla danza del ventro inoltre pratica l'air dance da tempo, con gli elastici e i nastri, ed era quindi prontissima.

E voi come ve la cavate con la danza del ventre?
Noi malissimo. La guardiamo. L'uomo che fa la danza del ventre non si può vedere.

Dipende anche dal ventre...
E noi non abbiamo il ventre. Scherzi a parte la danza del ventre nella cultura araba prevede che l'uomo la guardi ma non la pratichi.


La pandemia, che ha un po' silenziato la musica, non vi ha fermati insomma...
Secondo noi non è stato un anno di silenzio musicale, anzi quest'anno di pandemia ha prodotto delle cose meravigliose, come i Maneskin ad esempio, che stanno avendo un successo internazionale come non succedeva da anni e stanno portando la bandiera dell'Italia in tutto il mondo. La musica italiana ha tante cose da dire,  che neanche il Covid l'ha fermata.


E non ha fermato neppure voi: non soffrite un po' da ansia di prestazione, a dover proporre ogni anno il tormentone dell'estate?
No, perché in realtà noi siamo dei produttori e lavoriamo per terzi, per noi ogni progetto è puro divertimento, dalla prima canzone che abbiamo fatto fino ad oggi. Quel che viene viene. L'ansia ce l'hanno forse gli artisti che produciamo. Noi non vogliamo fare tour, live, niente di niente, quindi se va bene siamo contenti, altrimenti facciamo un'altra canzone.

Quanto e come vi ha influenzato questo anno e mezzo di pandemia?
Ci ha molto toccato perché non siamo potuti andare all'estero, come facciamo ogni anno, per prendere ispirazione e ne abbiamo sofferto. Non abbiamo potuto collaborare con autori fuori Milano perché non ci si poteva muovere e anche le session con la mascherina sono state qualcosa di completamente diverso. Gi ostacoli ci sono stati eccome. Ma l'amore per la musica è tale che non ci siamo fermati, anche perché se si ferma la musica si ferma tutto.

Il vostro merito principale è stato quello di portare la figura del producer sul palcoscenico della musica...
Sì, negli anni 80 è nata la figura del producer artista con Moroder, i fratelli La Bionda, che hanno fatto il primo salto. Noi siamo molto contenti di aver colto la chance di diventare produttori/artisti in un momento di rivoluzione musicale, grazie alla tecnologia in particolar modo, che ha dato la possibilità a due non musicisti come noi di eccellere in una posizione che non era la loro. Adesso il produttore può fare tutto, collaborare ai testi, scrivere e finalizzare la canzone... Grazie alla tecnologia era inevitabile che questo salto da dietro le quinte avvenisse. Nel resto del mondo era già avvenuto e per noi è arrivato abbastanza naturale rispondere alla richiesta di fare, anche noi, una canzone: ci siamo divertiti a farlo,  "L'esercito dei selfie" è nato così quasi per scherzo, è andata bene e da allora non ci siamo più fermati.

Edward Scheller

Come avviene l'approccio con i cantanti con cui collaborate?
Collaboriamo sempre con "amici" e tutto avviene molto naturalmente, come quando ci si invita a cena. Lavoriamo sempre con persone che conosciamo già e siamo noi a lanciare l'idea a decidere chi deve cantare la canzone.

Vi piacerebbe fare qualcosa di diverso, magari collaborare con i Maneskin, che fanno rock?
A collaborare con Damiano avevamo già pensato prima che i Maneskin diventassero cosi famosi, prima del successo mondiale. Adesso la vediamo molto difficile. 
In quanto a fare qualcosa di diverso, noi in realtà facciamo sempre qualcosa di diverso. Abbiamo un sound molto particolare e in questo sound riusciamo ad inglobare ciò che vogliamo. Abbiamo bisogno di non rifare quello che abbiamo già fatto. Quello che ci piace è riuscire a fare canzoni con la nostra impronta, non dando all’ascoltatore quello che si aspetta. Vogliamo essere originali perché pensiamo sia l’unico modo per far sì che la canzone sia di Takagi & Ketra. Tutte le volte, dal sound e dall’ambientazione, vogliamo che caratterizzino il nostro modo di farla. Fare pezzi X meno scontati ma che si distinguono da quello che c’è in giro.
Cerchiamo sempre di spostarci dal selciato, ma ci fa molto piacere che alla fine quando chiudiamo la canzone, ci riconosciamo. Portiamo il brano sempre dalla nostra parte. Siamo sempre Takagi & Ketra.

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