La difesa europea | Guarda la ventitreesima e ultima puntata di "Fatti e Misfatti d'Europa"
L'approfondimento settimanale, realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo, è andato in onda martedì 22 giugno. Ospiti del ventitreesimo appuntamento Claudio Graziano e Anna Bonfrisco
Si conclude "Fatti e Misfatti d’Europa", il programma di Tgcom24 realizzato in collaborazione con il Parlamento europeo. L'ultima tappa del nostro viaggio è dedicata alla difesa. Partendo da dove ci siamo fermati la scorsa settimana, abbiamo parlato di Nato, della necessità di avere un'autonomia strategica militare Ue, di cybersecurity, di Russia, Cina e Turchia. Non solo. Anche di migrazione e aziende strategiche. Lo abbiamo fatto con l'aiuto del generale Claudio Graziano, presidente del Comitato Militare dell'Unione europea, e dell'europarlamentare della Lega Anna Bonfrisco, ospiti del ventitreesimo e ultimo appuntamento.
La Nato - Fondata nel 1949, la Nato è diventata la principale organizzazione militare a muoversi con l’appoggio delle Nazioni Unite. Le crisi non sono mancate, tanto che gli europei hanno pensato a lungo a una difesa comune e a progetti di cooperazione che avrebbero potuto coinvolgere per ovvie nazioni geografiche anche la Russia. Barack Obama poi ha stroncato sul nascere qualsiasi tentativo di intesa. Quella uscita dal summit di Bruxelles della scorsa settimana è, però, un’alleanza atlantica ritrovata. Per la prima volta nella storia, la Nato ha alzato lo sguardo fino all’Oriente e guardato in direzione Pechino.
“Non c’è dubbio che il mondo sia cambiato e continui a cambiare - commenta il generale Graziano -. Nel rapporto transatlantico, il rapporto con gli Stati Uniti rimane vitale per l’Unione europea e per la Nato. Il multilateralismo e il ritorno degli Usa rilanciano questa cooperazione indiscutibile e fondamentale. D’altra parte, il messaggio degli Stati Uniti è stato chiaro ed è quello verso l’Ue di rafforzare le proprie capacità, di assumersi maggiore responsabilità nelle aree di competenza, quindi costruire uno strumento di sicurezza e difesa più efficiente che possa meglio cooperare - direttamente e indirettamente - con loro. Però, per fare questo, l’Unione europea, in coordinamento con la Nato ma anche in autonomia, deve essere capace di sviluppare azioni di sicurezza e difesa nelle aree di interesse diretto, cioè dove la Nato o gli Usa non hanno intenzione o possibilità di intervenire per diverse ragioni. Quindi un’autonomia strategica, che dal punto di vista militare è la capacità di operare non distanti da qualcuno, ma se necessario intervenire da soli, con le capacità di funzionare e di essere credibili da soli. Come in Africa, in aree in cui c’è stato un disingaggio o un minore interesse degli Stati Uniti, che invece si rivolge verso la Cina".
“Allo stesso tempo, la richiesta degli Stati Uniti è condivisa. La crescita militare tecnologica cinese deve assolutamente attirare la nostra attenzione. Le attività nel mondo cybernetico non hanno limitazioni e controlli. La presenza in Africa è aumentata e pertanto l’Unione europea, che ha diretti interessi in queste aree, deve essere pronta a operare. Per fare questo dobbiamo essere più forti, raggiungere una sovranità tecnologica, cooperare con una voce sola ed essere più credibili. E in questo momento ci sono le condizioni per poter aspirare a fare questo”, aggiunge.
Il ruolo della Turchia - Nel Mar Mediterraneo sono concentrati due dei maggiori problemi dell’Unione europea: la Turchia e i migranti. Per quanto riguarda la Turchia, nel 2004 sono iniziati i negoziati per l’adesione nell’Unione a partire dal 2005. Negoziati che per varie problematiche, tra le quali l’isola di Cipro, sono stati rimandati. La Turchia però è un membro della Nato fin dal primo allargamento, cioè dal 1952, e come tale è alleato di molti Paesi europei in tema di difesa militare. Ma gli attriti non sono mancati negli ultimi anni. Gli Stati Uniti, tradizionalmente Paese leader dell’alleanza, non vogliono che passi dall’asse Nato a quello Russia-Cina. La Turchia è infatti fondamentale per la sicurezza dell'alleanza atlantica ad Oriente ma anche a Meridione, ha molta influenza in un linea che va idealmente dal Mar Nero fino alla Libia.
“L’alleanza atlantica è un’alleanza solo militare, la più grande alleanza militare del mondo, ma è un’alleanza militare. L’Unione europea è un’alleanza sovranazionale, e pertanto ha il potere politico, economico, diplomatico, informativo e militare. Evidentemente, c’è cooperazione, ma ci sono aree di differenze - spiega il generale Graziano -. La Turchia è un membro della Nato. Dal 2020, indiscutibilmente anche insieme alla Russia, ha talora agito fuori dal quadro delle relazioni internazionali. Gli interventi in Libia, in Nagorno Karabakh, le azioni nel Mediterraneo orientale al di là di tutto destano preoccupazioni. E’ evidente che è necessario, con Paesi come la Turchia, mantenere rapporti di alleanza, di amicizia, nell'ambito di quella che è la questione della Nato. Allo stesso tempo, l’Unione europea ha oggettivamente degli obiettivi, degli spazi autonomi e delle priorità di sicurezza, che vanno verso la Libia, il Mediterraneo occidentale, il Centrafrica, il Sahel e in queste zone deve acquisire la capacità di agire in autonomia, sapendo anche discutere e parlare con il linguaggio del potere”.
“Questo non vuol dire usare la forza - sottolinea il generale -, vuol dire disporre della forza. Perché avendo la forza a disposizione sei credibile, ti siedi al tavolo del negoziato e rappresenti tutti gli elementi del potere. L’Ue è già uno dei maggiori produttori di sicurezza nel mondo, con maggiore cooperazione potrebbe davvero sviluppare qualcosa di importante”.
Migranti - Attualmente, la migrazione è una delle questioni che minano la compattezza dell’Unione. Con i Paesi di sbarco, Italia, Spagna e Grecia, che chiedono maggiore aiuto a quelli settentrionali, come Francia e Germania. I migranti sono un tema fondamentale per i confini europei e l’Europa attualmente non ha una gestione unica.
“La migrazione incontrollata o illegale è una delle tre linee del triangolo dell’instabilità (migrazione incontrollata, Stati falliti e terrorismo). Sono collegati, sono anche un’arma simmetrica che può essere utilizzata dagli Stati terzi o da Stati falliti o da Stati che hanno interesse a minacciare la sicurezza degli altri Paesi. La soluzione è andare alla radice del problema, quindi bisogna intervenire perché non è autorisolvente. Da qui l’autonomia, la necessità che l’Unione europea risponda con maggiore vigore a queste esigenze intervenendo alla radice per eliminare le ragioni dell’immigrazione. Bisogna dare una risposta immediata con azioni esecutive subito e un'azione concettuale. Tutto questo si ingaggia nella sovranità tecnologica e in una nuova sfida: la guerra cybernetica, che è in atto ogni giorno, non è più il futuro, è il presente. E’ una sfida che tutte le grandi potenze stanno perseguendo. Evidentemente, nazioni unitarie come la Cina hanno una maggiore rapidità di ingresso nelle informazioni e nelle decisioni, non rispondono necessariamente alle leggi legali, alle leggi umanitarie. Questo vale anche per la Russia e per altri Stati”, continua Graziano.
“Il futuro è basato sulla sovranità tecnologica, cioè sulla capacità di mantenere e di acquisire un vantaggio su potenziali avversari. Per fare questo, l’Europa deve utilizzare meglio i fondi e le risorse, cooperare sicuramente, ma operare anche da sola e quindi investire in questa sovranità tecnologica. Sono infatti quattro i domini ormai operativi: il mare, la terra, lo spazio e quello cybernetico, che è l’unico che ha inventato l’essere umano. Se non entriamo subito in questo gioco saremo fuori ed, evidentemente, dobbiamo essere più efficaci. L’Europa deve fornire questi sistemi, essere sovrana nella tecnologia e anche in grado di essere un interlocutore tra grandi potenze, tra Stati Uniti e Cina, essere pronta a confrontarsi con la Russia, quindi mandare anche un messaggio alla Turchia di cooperazione necessaria”, conclude il generale.
In tutto questo contesto, quanto è importante proteggere le aziende strategiche? Il governo sta lavorando per rafforzare gli organismi governativi che esercitano il Golden power. “Draghi cerca di recuperare un ritardo che abbiamo accumulato in questi anni nella dovuta attenzione alla difesa e alla tutela delle aziende strategiche, le italiane e complessivamente le europee - spiega Bonfrisco -. Dobbiamo poter svolgere un ragionamento nell’ambito di questa nuova strategia di relazioni internazionali e del multilateralismo che è fatta di diplomazie civili, militari, sui temi più scottanti - dal clima al commercio alle tasse digitale all’arretramento di democrazia - e rischia di essere davvero il punto focale più importante di una rinnovata, ritrovata, rinvigorita alleanza tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, che nella Nato ha uno dei suoi simboli che negli ultimi anni avevamo un po’ perso di vista. E non intendo solo per via di Trump ma anche per una posizione - ahimé - molto ambigua rappresentata dalla Germania nei confronti della Cina e ancor di più nei confronti della Turchia”.
“Come può una grande alleanza come è la Nato, nata appunto per la difesa dei Paesi dell’Occidente, nordatlantica come dice la sua stessa definizione, annoverare un esercito che un tempo era il più importante baluardo dell’Occidente e che oggi rischia - per le derive di cui è responsabile il presidente Erdogan - di costituire invece un pericolo? Non l’abbiamo forse visto in aree del Nordafrica, in particolare in Libia? Questa grandeur ottomana della Turchia rischia di essere un grande problema per la Nato. Certo, è un problema politico prima ancora che militare - e quindi la politica se ne deve fare carico più di chiunque altro - e oggi questo giugno dedicato a G7, Nato, al nuovo grande accordo e al meeting Ue-Stati Uniti è l’occasione per chiarire alcune cose, abbandonare vecchie linee politiche che hanno consentito alla Cina di entrare in molti Paesi europei, abbandonare le ambiguità della Germania nel suo rapporto con la Turchia e rinsaldare sempre di più la nostra cooperazione atlantica con gli Stati Uniti. Questo, però, significa maggiori responsabilità. Sarà capace l’Europa?”, conclude l’europarlamentare.