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Un design completamente rinnovato per Chef Rigels Tepshi  

Eleganza ordine e pulizia per il restyling del Ristorante Ottocentodieci dove a dominare è la tonalità del blu oltremare, l'illuminazione gioca un ruolo fondamentale e tutto verte sull’impatto scenografico

Ottocentodieci Ristorante: design in tavola

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Chef Rigels Tepshi - Ottocentodieci Ristorante - Foto Alberto Blasetti
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Ottocentodieci Ristorante - Foto Alberto Blasetti 
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Chef Rigels Tepshi - Ottocentodieci Ristorante - Foto Alberto Blasetti
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 Ottocentodieci Ristorante - Foto Alberto Blasetti 

È finito il tempo delle attese per il Ristorante Ottocentodieci di Sannazzaro de’ Burgondi (PV), che da sabato 22 maggio ha riaperto nel dehors, dal giovedì al lunedì a cena e il sabato e la domenica anche a pranzo, con tante novità per gli ospiti. Il restyling, curato dall’architetto Luca Drago, ha interessato sia la sala che la cucina ed ogni scelta è volta alla valorizzazione dell’esperienza gastronomica e all’accoglienza del cliente.

A livello di layout, gli ambienti dedicati alla preparazione dei piatti sono stati sensibilmente ingranditi, così da poter implementare la parte tecnologica e dare maggior spazio di lavoro alla brigata. È stato creato un percorso caldo/freddo, indispensabile per rendere più agevole il servizio e sono stati rivisti gli spazi di contenimento e di stoccaggio della mise en place.

La proprietà, rappresentata dalla giovane Annalisa Magri, ha approfittato del periodo di chiusura forzata per prendersi il tempo necessario a mettere ordine: “Da molto, sia io che lo chef, avevamo il desiderio di studiare una sala più funzionale, che rispecchiasse profondamente la filosofia del ristorante e che facesse sentire davvero a casa i nostri ospiti”.

L’ingresso alla sala è pensato come un grande sipario. Si aprono le tende, ci si accomoda al tavolo, ed inizia lo spettacolo. Per gli occhi e soprattutto per il palato. A dominare, la tonalità del blu oltremare, arricchito di una nota grigia, intenso e profondo, che fa da quinta scenica a tutto ciò che succede in sala, trasmette calma e serenità e avvolge tutto, dalle pareti ai soffitti. Una scelta di carattere, forte e decisa. Come lo sono la proprietà e lo chef.

L’illuminazione gioca un ruolo fondamentale e tutto verte sull’impatto scenografico. Se all’ingresso è la grande Discovery di Artemide (disegnata da Ernesto Gismondi), ad attirare l’attenzione, in sala sono i proiettori di Flos a guidare l’occhio. Grazie al Tracking Magnet di ultima generazione, ogni flusso di luce è perfettamente calibrato, direzionato e dimmerabile, attraverso un sistema comandato tramite applicazione.

Tutto è perfettamente integrato per minimizzare l’impatto visivo. Tranne due elementi, che spiccano volutamente e vogliono farsi notare. Sono le Sampei di Davide Groppi, due steli che puntano verso il blu del “cielo” e illuminano dall’alto la mise en place.

Infine, ad arricchire il progetto illuminotecnico e a garantire un altro grado di libertà nella configurazione dello scenario luminoso, ci pensano le lampade Cocktail di Grok, posizionate su ogni tavolo.
Tutta l’illuminazione è stata studiata affinché fosse possibile configurare vari scenari luminosi e avessimo il massimo grado di libertà di implementare il sistema con altri apparecchi e di spostarli facilmente con un solo gesto. Ci si sente un po’ come in una cabina di regia”, aggiunge Annalisa Magri, manager del Ristorante Ottocentodieci.

Portare avanti questa linea, ha reso possibile un’importante interazione, quella tra luce e cibo. Il fatto di poter comandare le accensioni e le intensità di ogni singolo corpo illuminante, infatti, permette di ricreare un effetto teatrale dove ogni spot punta nella direzione voluta.

Così, quando necessario, un fascio di luce potrà accendersi su una determinata portata, lavorando sull’effetto sorpresa, appagando l’occhio ancor prima del gusto, accompagnando e valorizzando ogni piatto.

D’altro canto, una regola sempre vera è che l’occhio guarda dove la luce punta. “Sognavo di avere un ristorante con questo livello di eleganza, di ordine e di pulizia. Gli unici eccessi che ci siamo concessi sono le installazioni a parete. Ci piaceva l’idea di... esagerare in maniera controllata!”, dichiara l’executive chef, Rigels Tepshi.

Se in sala va in scena principalmente il gusto, in cucina è il gesto tecnico a far da padrone. Proprio per dare la possibilità di osservare la brigata e lo chef all’opera, è stata realizzata una visiva che guarda direttamente sul passe. “Mi piace quest’idea di trasparenza e che la gente possa guardare in cucina, capire quanto tempo è richiesto per preparare un piatto, vedere quante energie servono per un servizio. Penso che così le cose si apprezzino di più. Dal passe poi ho una vista privilegiata su tutti i tavoli, è un modo per me di rimanere in contatto con i clienti anche senza uscire dalla cucina”, sentenzia Rigels Tepshi.

Anche l’ambientazione sonora è stata oggetto di ridisegno. L’impianto audio è stato infatti integrato all’interno delle nuove strutture, così da nasconderlo e garantire la massima uniformità in termini acustici. Per quanto riguarda la scelta delle sedute, si è puntato sul comfort e sulla qualità. Il modello scelto è Laja di Pedrali, un marchio che è ormai un must nella ristorazione. La versione è quella bicolor, grigio chiaro esternamente e giallo ocra per il guscio interno. Anche in questo caso, un piccolo accento è stato dato dalle gambe rosso fuoco di quattro sedute, che si fanno notare in mezzo alle altre color antracite. Il tavolo centrale nero con effetto marmorizzato è l’elemento che fa da separazione tra le due sale, oltre che da appoggio durante il servizio.

Le tende azzurro cenere contribuiscono a ricreare quell’effetto teatrale ricercato fin dalle prime fasi del progetto. A parete, grande rilievo è stato dato ai quadri, fatti di pennellate intense e dirette, dell’artista napoletano Mattia Fiore, abile a riflettere, attraverso il colore, le emozioni che prova di fronte al mondo. Le tele sono state posizionate su grandi pannelli semitrasparenti grigio fumé e impreziosite da vetri dai colori fluo che giocano con le tinte dei quadri, sovrapponendosi e generando nuove suggestioni cromatiche.

I NUOVI MENU DEGUSTAZIONE E LA CARTA

L’offerta gastronomica firmata dallo Chef Rigels Tepshi si rinnova e si reinventa, pur mantenendo saldo il legame con la tradizione Lomellina, proposta nell’omonimo menu degustazione da 5 portate, e con quella campana, anima del percorso Ottocentodieci da 7. “Nel corso degli anni, la mia cucina si è evoluta ma non ha mai snaturato la sua identità. Faccio riferimento ai punti ben saldi di Campania e Lomellina per proporre una cucina che sappia stare al passo con i tempi, e non immutata nelle sue vesti” ha dichiarato lo chef Rigels Tepshi.

Se nel menu Lomellina è confermata la presenza dei punti di forza del ristorante risotto e pasta fresca, proposti rispettivamente in abbinamento a fave, portulaca, pomodoro confit, lime e nel formato dei garganelli, nel menu Ottocentodieci si conferma il desiderio di sperimentazione dello chef, che parte quasi sempre dalla tradizione campana per viaggiare, quando necessario, fuori dalla nazione. Esempi emblematici di questo percorso sono i piatti Pluma iberica, patate e cozze, noci di Sorrento, agretti e Sembra una caprese.

A massimizzare l’esperienza gustativa dei piatti ci pensano i due abbinamenti studiati dal sommelier Michael Douglas Ojeda Moran, raccontati al tavolo, di 4 e 6 calici di vino. Completa la proposta gastronomica una carta più asciutta rispetto al passato e composta dai soli piatti del menu degustazione, fatta eccezione per alcune scelte come il secondo Ventresca di tonno rosso di Malta in oliocottura, piselli, zenzero e il dessert Cioccolato bianco, fragole, litchi.

LA NUOVA CARTA APERITIVI E LA RINNOVATA CARTA VINI

Il nuovo corso gastronomico di Ottocentodieci, che prevederà l’accoglienza dei clienti in un ambiente rinnovato, non potrà esulare da una grande novità anche in tema di abbinamenti. Per la prima volta nella storia del ristorante, infatti, ai clienti sarà consegnata anche una carta aperitivi, dalla quale si potrà scegliere un’etichetta fra Prosecco, Metodo Classico italiano, Champagne oppure il cocktail Mi-Na-To, un twist sul Milano-Torino con un’aggiunta in salsa partenopea. Accompagna la novità della carta aperitivi una rinnovata carta vini, aggiornata per l’occasione dal sommelier Michael Douglas Ojeda Moran con le parole chiave Lombardia, Campania, Piemonte, Francia e Sud America. La ricerca, che ha riguardato prettamente questi territori, ha avuto l’obiettivo di selezionare etichette che, più di altre, valorizzassero la naturalità dell’uva.

https://www.ottocentodieciristorante.it

Di Indira Fassioni 

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